Il 17 aprile è stato arrestato il leader storico del partito islamico tunisino Ennahdha, Rached Ghannouchi, oggi la convalida.
Dopo un interrogatorio durato tutta la notte, oggi il giudice istruttore ha convalidato l’arresto e la notizia si è sparsa velocemente grazie allo stesso partito, che l’ha annunciata sui social precisando che le accuse sono quelle di cospirazione contro la sicurezza dello Stato, dettaglio importante dal momento che in Tunisia questo reato è punibile anche con la pena di morte.
Ennahdha è il nome di un partito politico tunisino di orientamento islamista moderato, nato nei primi anni Ottanta. Prima era solo un movimento ma si è costituito ufficialmente partito dopo il crollo del regime di Ben Ali nel 2011.
Questo come tanti altri in Tunisia sono finiti nel mirino delle forze dell’ordine, che pochi giorni fa hanno arrestato diversi leader politici facenti parte dell’opposizione rispetto al presidente Kais Saied. Fra questi appunto c’è anche Rached Ghannouchi, che dopo anni di esilio a Londra è tornato in patria proprio dopo il termine del regime e da quel momento ha guidato il partito.
Da sempre sostenitore della necessità della violenza per disfarsi dei regimi arabi corrotti e sostenuti dall’Occidente, come appunto la Tunisia, l’uomo è stato tratto in arresto dalla polizia e condotto in caserma.
Interrogato tutta la notte, oggi è arrivata per lui la convalida dell’arresto da parte del giudice istruttore del Tribunale di Tunisi. Ad annunciarlo è stato il suo stesso partito su Twitter, denunciando che le accuse mosse verso il leader sono quelle di cospirazione contro la sicurezza dello Stato e questo può comportare conseguenze molto gravi che in alcuni casi arriva alla pena da di morte.
Al momento Ghannouchi si trova in carcere fino al processo. Sono stati giorni molto duri per lui, prelevato direttamente dalle forze dell’ordine che hanno fatto irruzione nella sua casa.
L’arresto è avvenuto il 17 aprile e dopo aver fermato l’uomo su ordine della procura antiterrorismo, gli agenti lo hanno condotto alla caserma di El Alouina, che si trova a Tunisi.
Sotto la lente di ingrandimento c’è un video che ha diffuso in rete, nel quale discuteva con alcuni membri delle Forze di Salvezza nazionale, gruppo di opposizione al presidente Saied. In un passaggio in particolare il politico afferma che rimuovere l’Islam politico è un progetto di guerra civile.
Questo chiaramente lo ha messo in una posizione molto scomoda e nell’ambito delle indagini contro i maggiori oppositori del presidente, lui è diventato una delle personalità di spicco potenzialmente più pericolose, ma in realtà lo è da sempre per le sue idee di violenza, come dicevamo pocanzi.
Le fonti del suo partito, Ennahdha, hanno riportato i dettagli dell’operazione, riferendo che è stata messa in atto anche una perquisizione accurata della casa dell’uomo, che fra l’altro era a capo del parlamento sciolto nel 2021 con un colpo di Stato proprio da parte di Saied.
Non si tratta del primo caso in cui il governo in carica decide di mettere a tacere gli oppositori politici arrestandoli, infatti quest’anno la polizia ha eseguito diverse operazioni simili in Tunisia, tutte accomunate dalla caratteristica di avere come oggetto gli uomini politici in contrasto con Kais Saied, compresi esponenti di Ennahdha, che fino al momento della chiusura del parlamento, era il più grande gruppo islamista che vi faceva parte.
Rached Ghannouchi è un politico tunisino di orientamento fondamentalista. Dopo 20 anni in cui è stato a Londra, è tornato in Tunisia dopo il crollo del regime di Ben Ali nel 2011. Cresciuto in una famiglia molto umile, ha studiato molto in un centro di studi islamici che poi ha contribuito nell’elaborazione del pensiero islamico sunnita. Ghannouchi si diplomò in Teologia, in seguito intraprese la carriera militare in Siria, avvicinandosi al fronte islamico.
Alla fine degli anni Settanta fondò il Movimento della Tendenza Islamica ma già nel 1984 venne arrestato e condannato a morte, salvato solo da un colpo di Stato con cui Ben Ali destituì il presidente a vita della Repubblica e prese il controllo. Non c’erano simpatie però con il nuovo arrivato, tanto che nel 1991 Ghannouchi venne dichiarato fuori legge per aver fomentato il rovesciamento violento delle istituzioni. Così si riparò nel Regno Unito dove al contrario, poteva operare in libertà e predicare i suoi valori che a questo punto però apparivano distanti dalla violenza che fino a quel momento era stato un caposaldo del suo lavoro. Dichiarò più volte infatti di voler abbandonare la lotta armata, cercando di riconquistare il successo politico nella sua patria.
Negli ultimi anni il suo partito Ennahdha, lo criticò molto perché la linea espressa che esortava a un’opposizione frontale con il regime autoritario, si scontrava con prese di posizione più morbide che parlavano di riconciliazione nazionale e quindi secondo i suoi colleghi, i numerosi oppositori politici incarcerati dal regime erano messi in pericolo.
Ennahdha nacque ufficialmente come partito dopo il rovesciamento del regime del generale Ben Ali, sull’onda delle grandi manifestazioni in piazza nella cosiddetta Rivoluzione dei Gelsomini. Si tratta di quello che era chiamato inizialmente come Movimento di Tendenza Islamica e poi ha cambiato il suo nome.
Dagli anni Ottanta ha abbracciato una visione più moderata, in contrasto con le idee degli esordi de suo leader maggiormente rappresentativo, ovvero colui a cui oggi appunto è stato convalidato l’arresto. Il leader è sempre rimasto associato alla violenza che si evinceva in ogni sua parola, in ogni sua idea per disfarsi dei regimi corrotti, nonostante in un’intervista del 2011 abbia confermato di essere contrario alla restaurazione di un Califfato islamico.
Come abbiamo visto però, sono lontani quei giorni e ad oggi il leader politico tunisino continua a far parlare di sé con parole di odio, puntando il dito perso il governo.
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