Un grande passo in avanti è quello che ha fatto la scienza realizzando il primo modello 3D appartenente ad una zona del cervello umano.
Un progetto nato da delle immagini ad alta risoluzione, un modello messo in piedi grazie ad un lavoro lento ed accurato.
Il primo modello 3D di una zona del cervello
Partendo da alcune immagini ad altissima risoluzione si è stati in grado di realizzare un database formato da 5 milioni di neuroni solo in seguito si è stato in grado di trovare, attraverso un algoritmo, le 40.000 sinapsi il cui compito è quello di unire la rete neurale. Lo studio in questione è stato reso pubblico su Nature Computational Science, un progetto realizzato ad un team italiano appartenenti alla infrastruttura Ebrains-Italy formato dall’università di Reggio Emilia e Modena insieme all’istituto di biofisica del CNR. Un progetto che vede anche la collaborazione con l’Institut de neurosciences des systèmes di Marsiglia.
Così facendo si è stati in grado di realizzare il primo modello 3D dedicato ad una zona precisa del cervello umano all’interno del quale è presente tutta la struttura insieme alla connettività neurale dell’area CA1 dell’ippocampo umano. Partendo da delle immagini ad alta risoluzione si è stati in grado di estrapolare un database composto da 5 milioni di neuroni andando a scovare in seguito, attraverso un algoritmo, circa 40.000 sinapsi il cui compito è quello di unire la rete neurale.
Lo studio è stato reso voto su Nature Computational Science e vede il lavoro di un team italiano che ha collaborato anche con l’Institut de neurosciences des systèmes di Marsiglia. L’annuncio è stato fatto dal Consiglio nazionale delle ricerche, una notizia durante la quale si è affermato che il team di ricerca all’interno dell’infrastruttura di ricerca ‘Ebrains-Italy’ formato dall’istituto di biofisica del consiglio nazionale delle ricerche insieme all’Università di Reggio Emilia e Modena e con la collaborazione di l’Institut de neurosciences des systèmes di Marsiglia è stato in grado di realizzare “il primo modello virtuale in 3D della struttura e della connettività neuronale dell’area CA1 dell’ippocampo umano”.
Uno studio reso pubblico sulla rivista ‘Nature Computational Science’ all’interno della quale si parla dettagliatamente del tipo di tecnologia utilizzata per riuscire ad ottenere tale obiettivo, un progetto che risulta essere un primo grandissimo risultato di quello che è il lavoro del gruppo ‘Ebrains-Italy’, che vede il finanziamento dal Miur attraverso la Commissione Europea all’interno dell’abito del Piano Nazionale di ripresa e resilienza. In base allo studio questo tipo di metodo potrebbe anche essere utilizzato per creare dei modelli in scala naturale riproducendo perfettamente altre zone del cervello umano così che possono essere sfruttate per simulazioni virtuali.
In che modo sfruttare il modello virtuale nella scienza
Il Cnr ha sottolineato che il modello virtuale potrebbe portare la ricerca e lo studio a fare un grandissimo passo in avanti riguardo alle funzioni cognitive tra cui quelle della memoria, dell’apprendimento e dell’elaborazione spaziale. Un modello che può essere utilizzato anche per aiutare la ricerca per disfunzioni neurali tra tra cui l’epilessia insieme ad altre malattie neurodegenerative come l’invecchiamento o l’Alzheimer.
Il coordinatore scientifico della infrastruttura di ricerca Ebrains-Italy, Michele Migliore del Cnr-Ibf di Palermo afferma “La quantità di dati sui singoli neuroni del cervello umano è molto limitata, sia in termini di coordinate 3D relative, sia in termini di connettività tra i neuroni.” Lo scienziato in seguito aggiunge che hanno portato avanti un’operazione di data mining utilizzando delle immagini ad alta risoluzione dell’ippocampo umano. Infatti è proprio grazie a queste immagini che sono stati in grado di riuscire a posizionare tutti i neuroni nel periodo giusto.
Inoltre i ricercatori hanno realizzato un algoritmo riguardo all’elaborazione di immagini al fine di realizzare una distribuzione realistica per posizionare i neuroni insieme ad un algoritmo utile per comprendere la connettività neuronale. Un risultato di cui ha parlato anche Daniela Gandolfi di Unimore la quale afferma che l’algoritmo in questione è stato in grado di analizzare delle immagini ad alta risoluzione e, dopo aver creato delle forme geometriche specifiche, queste sono state utilizzate per associare proprietà morfologiche, così da essere in grado di calcolare la probabilità della connessione di due neuroni.
Gandolfi afferma che, dopo aver analizzato la distribuzione della densità dei neuroni del modello 3D sono stati in grado di verificare la consistenza insieme ai dati di lettura dell’ippocampo umano. Attualmente i ricercatori hanno condiviso il set di dati insieme al metodo utilizzato per l’estrazione.