Dopo giorni di ricerca, le forze dell’ordine sono riusciti a trovare l’uomo che ha travolto e ucciso l’ex ciclista Davide Rebellin mercoledì scorso. Il camionista, che era fuggito senza prestare soccorso al 51enne, è un camionista tedesco che ha 62 anni. E, da quanto è emerso, aveva visto l’ex ciclista a terra.
L’uomo, a cui nel 2014 era già stata ritirata la patente per guida in stato di ebrezza, non è stato arrestato perché in Germania non esiste il reato di omicidio stradale, ma sulla sua testa pende anche l’accusa di omissione di soccorso.
Il “pirata della strada” che ha travolto e ucciso il ciclista Davide Rebellin mercoledì sulla Regionale 11, a Montebello Vicentino è stato trovato. Si tratta di un camionista tedesco di 62 anni, ed è stato individuato grazie al lavoro di due giorni delle forze dell’ordine che hanno scandagliato una rosa di targhe, estrapolandole dalle telecamere di videosorveglianza dove è avvenuto l’incidente del 51enne, che si stava allenando con la sua bici.
Dei testimoni hanno anche raccontato che l’uomo, dopo l’incidente, era sceso dal mezzo e si era avvicinato alla vittima per poi tornare subito dopo a bordo del camion e allontanarsi. Il conducente, fa sapere la procura, è stato anche fotografato dai presenti.
L’uomo non verrà arrestato perché in Germania non esiste il reato di omicidio stradale. Nonostante nel suo Paese, però, non sia punibile: sulla sua testa pendono anche la pesante accusa di omissione di soccorso. Tra l’altro non è nuovo a dinamiche di questo tipo: a Chieti, nel 2014, gli era stata ritirata la patente per guida in stato di ebrezza, e un’altra volta era fuggito dopo un aver causato un incidente.
Per quanto riguarda, di nuovo, la tragedia in cui ha perso la vita Rebellin, che si era ritirato dalle corse professionistiche solo a ottobre, la dinamica ancora non è chiara agli inquirenti. Secondo le prime ricostruzioni, poco dopo aver travolto l’ex ciclista, il camionista si sarebbe fermato nel piazzale di un locale per controllare la carrozzeria del suo mezzo, poi è ripartito. In quel frangente il camion, di marca Volvo, è stato anche fotografato da alcuni presenti che evidentemente avevano compreso la situazione.
I carabinieri hanno ascoltato alcuni testimoni, e avviato le ricerche a cui hanno collaborato anche i colleghi tedeschi e l’Interpol. Grazie agli accertamenti, svolti in concerto con l’Agenzia delle Entrate e il Centro di cooperazione delle Polizia di Italia, Austria e Slovenia di Thorl-Maglern, si è capito che il mezzo era di proprietà di un’impresa di spedizioni tedesca, con sede in Recke, in Renania Settentrionale. L’autista, si è scoperto, era arrivato in Italia solo il giorno dell’omicidio stradale di Rebellin, per carichi di merce eseguiti in un’impresa di spedizioni internazionale con sede nell’Interporto di Verona.
Un tassello non da poco, considerato che così si è arrivati alla copia della sua carta d’identità, che è stata poi confrontata con le foto scattate sul luogo dell’incidente, e che hanno consentito con certezza di identificare il conducente del camion: il tedesco di 62 anni, appunto, fratello del titolare dell’impresa di trasporti tedesca intestataria dell’autoarticolato.
Dalla Germania, intanto, hanno confermato il ritorno a casa del camionista assieme al suo mezzo. In questo caso, si è venuti a conoscenza del fatto che era la seconda volta che l’uomo non si fermava dopo aver causato un sinistro con danno alle persone, perché già nel 2001 il Tribunale di Foggia aveva emesso una sentenza a suo carico. La pena comminata è stata estinta per decorso del tempo. Adesso, però, è difficile che resti impunito.
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