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Sotto al Consolato italiano su El Galaa Street, in centro a Il Cairo, in Egitto, è esplosa una bomba, meglio un’autobomba. Un passante è rimasto ucciso mentre altre dieci persone, tra cui due poliziotti, sono rimaste ferite a causa deflagrazione avvenuta nella mattina di sabato 11 luglio. Il palazzo era ancora chiuso e il fortissimo scoppio ha causato danni a edifici e abitazioni vicine al consolato nel quartiere di Bulaq Abu Laela. Le indagini sono ancora in corso ma lo Stato islamico qualche ora dopo ha rivendicato l’attacco. Il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ha fatto sapere che fra le vittime non ci sono italiani.
Secondo quanto riferito dall’agenzia egiziana Mena, l’esplosione avvertita nel centro della città sarebbe stata causata da un’autobomba esplosa nelle vicinanze del palazzo ancora chiuso. L’unità di crisi della Farnesina fa sapere tramite le sue fonti che si è ”subito attivata tramite il personale dell’ambasciata italiana a Il Cairo ed è in costante contatto con le autorità locali. Il personale si è prontamente recato sul luogo dell’esplosione”.
Inoltre quattro giornalisti, fra i quali un italiano, sono stati fermati e poi rilasciati dalla polizia al Cairo dopo l’esplosione davanti al consolato italiano. A raccontarlo su Twitter è proprio il giornalista italiano, Alessandro Accorsi, che scrive che lui e i colleghi stranieri sarebbero stati fermati dalla polizia perché arrivati sul luogo dell’esplosione ”troppo velocemente”.
Il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni su Twitter, invece ha scritto: ”Bomba al nostro Consolato al #Cairo. Non risultano vittime italiane. Vicini alle persone colpite e al personale. Italia non si fa intimidire”. E ha poi proseguito davanti ai cronisti: ”E’ un tentativo di intimidazione nei confronti del nostro Paese, l’Italia risponderà con fermezza e confermando nostro impegno nella coalizione internazionale anti Daesh” (Daesh è l’acronimo arabo utilizzato per indicare lo Stato islamico, ovvero l’Isis, Isil o Is). ”Probabilmente era una forma di avvertimento e intimidazione e a questo dobbiamo rispondere con fermezza, ma anche con sobrietà e tranquillità e senza allarmismi”, ha concluso il titolare della Farnesina
Bomba al nostro Consolato al #Cairo. Non risultano vittime italiane. Vicini alle persone colpite e al personale. Italia non si fa intimidire
— Paolo Gentiloni (@PaoloGentiloni) 11 Luglio 2015
La rivendicazione di Isis: 450 kg di esplosivo
L’autobomba esplosa davanti al consolato italiano al Cairo conteneva 450 chilogrammi di esplosivi. È quanto riferisce l’Isis egiziano, cioè Wilayat Sina (‘Provincia del Sinai’), che ha rivendicato l’attentato di oggi. ”I soldati dello Stato islamico sono riusciti a far detonare un’autobomba che era ferma e portava 450 kg di materiale esplosivo davanti al consolato italiano nel centro del Cairo”, si legge in una nota diffusa dal gruppo su Twitter. Si tratta del gruppo Ansar Bayt al-Maqdis, con base in Sinai, che ha poi cambiato nome dopo avere prestato fedeltà all’Isis. Wilayat Sina ha inoltre consigliato ai musulmani di ”allontanarsi da tutti questi obiettivi di sicurezza perché sono gli obiettivi degli attacchi dei mujahedin”.
Il giudice: ”Volevano uccidere me”
Il giudice egiziano Ahmed Fudali, che aveva lasciato il luogo pochi minuti prima dell’esplosione, ha sostenuto che l’attentato è stato un tentativo di assassinarlo. Secondo la sua versione, l’autobomba non poteva sostare davanti alla porta della sede dell’associazione perché c’erano poliziotti di guardia che proibivano ai veicoli di parcheggiare. Il magistrato spiega che, quando l’esplosione è avvenuta, lui si trovava a circa 200 metri dall’autobomba. Il giudice è un convinto sostenitore dell’attuale presidente egiziano Abdelfatah al-Sissi (Fudali è a capo del partito ‘Corrente dell’indipendenza’) e pensa di essere entrato nel mirino degli estremisti per la sua ”posizione contro il terrorismo selvaggio”. Durante la crisi che si registrò a novembre 2012 fra l’allora presidente egiziano Mohammed Morsi e la giustizia egiziana, fu Fudali a guidare la campagna contro Morsi. Dalla sua destituzione dalla presidenza con il colpo di Stato del 3 luglio 2013, i militanti islamisti hanno compiuto diversi attacchi bomba e attentati suicidi, che finora hanno preso di mira membri delle forze di sicurezza e autorità. Da allora centinaia di soldati e poliziotti sono stati uccisi. Il mese scorso, inoltre, un kamikaze si è fatto esplodere vicino all’antico tempio di Karnak a Luxor, prendendo di mira una delle principali mete turistiche del Paese.