Paola Egonu è una delle più forti pallavoliste al mondo, e noi abbiamo la fortuna che sia italiana. Oddio, non per tutti avere l’opposta più decisiva sembra essere un vanto, forse perché a contare sono più gli errori che ha commesso che i punti che ha fatto – tantissimi, anche agli ultimi Mondiali -, e quindi la si prende di mira, soprattutto per il colore della pelle. E per il fatto che per molti manco è italiana, o per lo meno questo è quello che le viene imputato.
Ora si prenderà una pausa di riflessione, o una pausa e basta. Dalla Nazionale, innanzitutto, ma soprattutto dalle critiche che la vedono sempre come il capro espiatorio di un sogno che non si concretizza e si ferma sul più bello. Una riflessione che, però, devono fare anche altri, magari nelle aule del Parlamento, per cercare di capire perché qualsiasi persona nata in Italia, ma non da genitori italiani, debba subire attacchi perché non è considerata tale. Ma soprattutto perché ci sono tanti come lei per cui invece ottenere la cittadinanza italiana è quasi impossibile.
Lo sfogo di Paola Egonu al termine della partita (vinta, sì) contro gli Stati Uniti dell’Italia di pallavolo femminile ci ha messo esattamente un attimo a fare il giro di redazioni e social diventando praticamente l’argomento della giornata. Del risultato della finalina per il bronzo ai Mondiali di Olanda e Polonia ci è importato il giusto, dopo tutto al massimo ci si giocava un terzo posto in una competizione che ci vedeva favorite. Degli errori, invece, dell’opposta nata a Cittadella da genitori nigeriani sì.
Perché quel particolare di essere quasi un’italiana di seconda categoria, proprio perché il papà e la mamma non sono nati qui da noi, pesa. Ed è paradossale, in effetti, che diventi un problema solo quando le cose non vanno come dovrebbero, quando lei sbaglia il punto che ci avrebbe potuto portare almeno a sperare nella finale – che poi sarebbe potuto arrivare dalle mani di un’italiana di prima categoria, eh.
Al di là del razzismo, presunto o reale (siamo più per la seconda opzione), dovuto al colore della pelle o alle preferenze sessuali di Egonu, molto più di qualcuno sui social, nel dimostrare solidarietà alla pallavolista, ha rimarcato come siano in tanti a vivere in una condizione in cui si sentono italiani ma non vengono riconosciuti come tali (non è comunque il suo caso).
Ecco, in base alla legge 91 del 1992, “acquistano di diritto alla nascita la cittadinanza italiana coloro i cui genitori (anche soltanto il padre o la madre) siano cittadini italiani“, nella modalità dello ius sanguinis.
Ma, dice sempre l’articolo 1, nel comma 1, l’ordinamento prevede lo ius soli, ma solo per coloro che nascono nel territorio italiano e i cui genitori siano da considerarsi o ignoti o apolidi, o per quelli che non possono acquistare la cittadinanza dei genitori in quanto la legge dello Stato di origine esclude che il nato all’estero possa acquisire la loro cittadinanza. Per ultimi, acquistano lo status di italiani i figli di ignoti che vengono trovati nel territorio italiano e per i quali non può essere dimostrato il possesso di un’altra cittadinanza.
Se, per quanto riguarda il mondo dello sport, le federazioni e il Coni, con Giovanni Malagò in testa, ovviamente, possono già usufruire dello ius soli sportivo, una nuova proposta era stata definita per fare in modo che atleti che sono cresciuti nelle nazionali giovanili “investendo anche soldi” potessero diventare italiani.
La caduta del governo di Mario Draghi non ha fatto in modo che andasse in porto, e non se n’è fatto niente quindi, e la stessa cosa è successa con il cosiddetto ius scholae, proposto già dall’esecutivo a guida Matteo Renzi, ma tornato al centro del dibattito con il disegno di legge dell’ex deputato del MoVimento 5 stelle Giuseppe Brescia (ma supportata anche dal Partito democratico) che però si è anche scontrato con il parere negativo di alcune forze politiche.
La proposta prevedeva che il minore straniero ottenesse la cittadinanza se nato in Italia, oppure se fosse arrivato entro i 12 anni risiedendoci legalmente e senza interruzioni, o, ancora, se avesse frequentato con regolarità per almeno cinque anni uno o più cicli scolastici in istituti del nostro sistema nazionale di istruzione. Per acquisire lo status sarebbe bastato dichiararne la volontà dei genitori al compimento della maggiore età del ragazzo o dopo due anni da parte del maggiorenne straniero stesso.
Difficilmente le cose andranno avanti, o cambieranno. A prescindere dai problemi che possano avere nella maggioranza che dovrebbe esprimere il prossimo governo, infatti, la coalizione del centrodestra, a eccezione di Forza Italia, è stata, infatti, tra le forze politiche che si è messa di traverso durante la discussione alla Camera del testo presentato dal pentastellato, e anche in campagna elettorale nessuno dei tre leader – né Giorgia Meloni, né Matteo Salvini, né Silvio Berlusconi – ne hanno parlato, quantomeno non l’hanno messo in agenda.
Quindi sì, il caso di Egonu potrebbe aver scoperchiato il vaso di Pandora, ma la situazione rimarrà la stessa: con italiani in potenza che non lo sono sulla carta.
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