Elena Ceste è stata uccisa dal marito Michele Buoninconti come atto finale di un “disegno criminoso perverso“. Così i giudici della prima sezione della Corte d’Assise d’Appello di Torino hanno scritto nelle motivazioni per la condanna a 30 anni di carcere in secondo grado per il marito della donna, trovata morta il 24 gennaio 2014. Alla base del gesto non c’è un momento di follia ma un piano articolato che i giudici definiscono “un disegno perverso”: l’uomo avrebbe organizzato l’omicidio come una sorta di punizione della moglie, colpevole di averlo tradito. “Buoninconti è il maggiore accusatore di se stesso“, proseguono i giudici sottolineando le tante contraddizioni in cui è caduto e, pur confermando il delitto come conseguenza di un impeto, dovuto alla paura, hanno riconosciuto la premeditazione dell’omicidio.
Nelle motivazioni della sentenza, i giudici riconoscono nella “scoperta del perdurante tradimento della moglie, avvenuto con il rinvenimento degli sms di S. il 21 gennaio” il movente dell’omicidio di Elena Ceste che è stato pianificato e organizzato nei minimi dettagli dopo aver capito di aver “impiegato diciotto anni per raddrizzare vostra madre“, frase intercettata dagli inquirenti in una delle conversazioni coi quattro figli della coppia. “Già la mamma non ha voluto ascoltare il padre e …quando fate la fine di mamma ve ne rendete conto“, ha poi aggiunto in un’altra discussione riportata dalla Corte.
I giudici d’Appello si sono riferiti non tanto alle motivazioni di natura psichiatrica, rilevate in primo grado, ma ai dati “oggettivi”: Buoninconti avrebbe agito per il “perdurante tradimento della moglie”, agendo secondo un piano ben delineato.
“Soltanto un progetto minuzioso può consentire uno studio così accurato del luogo in cui occultare il cadavere, sapendo di poter disporre di tempi assai ristretti“, scrivono i giudici nella sentenza. Tra i dettagli messi a punto dall’uomo la costruzione di un alibi per la mattina del delitto, mostrando “una straordinaria capacità di transitare sotto telecamere fisse“.
Inoltre, Buoninconti ha “costantemente depistato le indagini“, per esempio nella fase della “perlustrazione, nella quale portò i compagni di ricerca proprio nelle immediate vicinanze del luogo dove aveva gettato il corpo della moglie e li indirizzò sul lato della ferrovia dove non c’era nulla da trovare, riservando a sé solo il compito di (fingere di) perlustrare il sito dove giaceva il corpo inanimato di Elena“, concludono i giudici.