Il 24 gennaio del 2014, Elena Ceste, mamma e moglie, scompare dalla sua abitazione a Costigliole d’Asti.
Dieci mesi dopo, il suo corpo viene ritrovato in un canale, nel torinese. Per il suo delitto, il marito – Michele Buoninconti – è stato condannato a 30 anni di carcere con l’accusa di omicidio e occultamento di cadavere.
La scomparsa di Elena Ceste
Il 18 ottobre del 2014, a Costigliole d’Asti, in provincia di Torino, viene ritrovato il corpo senza vita di una donna nel canale Rio Mersa, in avanzato stato di decomposizione e completamente ricoperto di fango. Lo stato in cui è stato rinvenuto il corpo non consente di accertare, senza alcun dubbio, come sia morta, ma gli esami tossicologici escludono l’assunzione di alcol, droga o psicofarmaci. Esattamente una settimana dopo, l’esame autoptico conferma che il cadavere appartiene a Elena Ceste, 36 anni, scomparsa il 24 gennaio di quello stesso anno dalla sua casa di Costigliole d’Asti, in cui viveva con il marito e i quattro figli.
La denuncia della scomparsa di Elena Ceste – analista chimica, originaria di Torino – era stata fatta dal marito della donna, Michele Buoninconti, che, quello stesso giorno, riferì ai carabinieri di essere uscito di casa alle 8 per accompagnare i bambini a scuola e di non aver più trovato la moglie al suo rientro. Buoninconti aveva anche riferito ai militari che la sera prima della scomparsa, Elena gli era apparsa molto turbata, dopo avergli confessato uno scambio di messaggio, piuttosto compromettenti, con un altro uomo. Non solo, Buoninconti aveva anche raccontato di aver trovato vestiti e occhiali della moglie nel cortile della loro abitazione.
Partono quindi le indagini e gli inquirenti passano al setaccio la vita di Elena e del marito. Si scopre che la donna intratteneva relazioni con altri uomini, sei in particolare, tra cui un ex compagno di scuola, ritrovato grazie a Facebook. Amicizia di cui pare fosse a conoscenza lo stesso Buoninconti.
L’unica relazione extraconiugale, vera e propria, che scoprono gli inquirenti è quella con Antonio R., artigiano di Settimo Torinese. I carabinieri verificano gli alibi di tutti ed escludono un’eventuale responsabilità nella scomparsa di Elena Ceste. Con il passare dei giorni le indagini degli inquirenti si concentrano sul marito della 37enne, che più volte – nelle sue deposizioni – si era contraddetto, con l’intento, forse, di allontanare da sé i sospetti.
Dalle intercettazioni ambientali e telefoniche emerge la figura oppressiva di Michele Buoninconti, sorpreso più volte a minacciare i figli se avessero raccontato delle frequenti liti con la madre. Non solo, ancor prima del ritrovamento del corpo, il marito di Elena non sembrava affatto preoccupato per la sua scomparsa, tanto da intrattenere contatti telefonici con altre donne. Elena era un’analista chimica, ma aveva deciso di dedicarsi al marito e ai figli, mettendo da parte la sua professione, trasferendosi con loro a Costigliole. La donna era molto legata ai ragazzi, per questo l’ipotesi di un allontanamento volontario non era mai stata presa in considerazione.
Nel matrimonio, secondo quanto emerso dalle indagini, si era instaurato un vero e proprio controllo da parte di Buoninconti, che in un’occasione, finita poi agli atti, avrebbe detto ai figli di averci messo anni per “raddrizzare” la moglie.
L’arresto di Michele Buoninconti
La svolta arriva il 24 ottobre del 2014, quando Michele Buoninconti ufficialmente indagato per omicidio volontario e occultamento di cadavere. Il 20 gennaio dell’anno successivo viene ritrovato il cane di Elena Ceste, scomparso poco più di due mesi dopo la sparizione della donna. L’animale, in buoni condizioni, viene trovato in un allevamento. Buoninconti, interrogato dai Carabinieri, aveva riferito di averlo riportato al suo proprietario. Una dichiarazione mendace, che pare avesse ulteriormente aggravato la sua posizione.
Il 29 gennaio del 2015 i Carabinieri di Asti arrestano Michele Buoninconti con l’accusa di omicidio volontario e occultamento di cadavere. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, la mattina del 24 gennaio, dopo aver accompagnato i figli a scuola, Michele Buoninconti uccise la moglie, soffocandola in camera da letto. Poi la portò fuori, nuda, non prima però di aver riordinato la stanza coniugale e messo a soqquadro il resto della casa.
Il profilo psicologico su Buoninconti definiva l’imputato come affetto da un disturbo di
personalità ossessivo e uno smisurato egocentrismo.
Nel 2015, Michele Buoninconti, viene condannato a 30 anni di reclusione, con rito abbreviato nel processo di Primo Grado, per l’omicidio della moglie.
In Appello la condanna viene confermata, e tra le motivazioni si aggiunge un grave errore commesso dal killer. Si tratta delle telefonate che l’uomo aveva fatto al cellulare della moglie il giorno del delitto, probabilmente con l’intento di cercarlo, pensando forse di averlo perduto.
Il movente
Per quanto concerne il movente del delitto, nella sentenza si parla di un’azione criminosa scaturita dalla scoperta della ‘doppia vita’ di Elena Ceste. Nel maggio 2018 la Cassazione ha confermato la condanna a 30 anni per Michele Buoninconti. Nel gennaio del 2020 i legali del marito di Elena Ceste hanno appellato la revisione del processo, insistendo con la sua tesi secondo cui Elena sia deceduta per assideramento, ipotesi, questa, mai del tutto esclusa, visto che, lo stato in cui era stato ritrovato il cadavere non aveva permesso di fugare, con assoluta certezza, tutti i dubbi sulle cause della morte. Attualmente Michele Buoninconti è detenuto nel carcere di Alghero in Sardegna, ma continua a proclamarsi innocente.