Il Parlamento è chiamato ad eleggere il Presidente della Repubblica. L’iter è partito dopo le dimissioni di Giorgio Napolitano: il presidente del Senato Pietro Grasso è a Palazzo Giustiniani come Supplente del Capo dello Stato, la prima votazione è stata fissata per il 29 gennaio alle ore 15, quando le Camere in seduta comune con i delegati delle Regioni inizieranno i lavori. Il segreto sta proprio nell’urna e non è ancora chiaro cosa faranno le minoranze del PD, i frondisti di Forza Italia e le opposizioni. Tutti costoro costituiscono un fronte trasversale che potrebbe anche far saltare l’intesa fra il Premier e il Cavaliere. Renzi ha detto che si faranno trovare pronti, ma bisogna tenere conto di molte possibilità.
Tutto comincerà a profilarsi in maniera più chiara soprattutto dal quarto scrutinio, nei primi giorni di febbraio. Il problema è costituito comunque sempre dai franchi tiratori, la cui ombra non è stata mai esorcizzata. Si continua a sondare l’umore degli eletti PD, per cercare di comprendere quanto peserà l’eventuale dissenso.
Come si elegge il Capo dello Stato
Per capire cosa ci aspetta, bisogna avere in mente come si elegge il Presidente della Repubblica. Secondo quanto stabilito dalla Costituzione, alle elezioni partecipano gli eletti al Parlamento (630 deputati e 315 senatori compresi i senatori a vita che ora sono 6 – ai 5 già scelti si aggiunge Napolitano come Presidente emerito); 3 delegati per Regioni, esclusa la Valle d’Aosta che ne ha 1, per un totale di 1009 persone. Si vota a scrutinio segreto e per chiamata nominale: nei primi tre scrutini è necessaria la maggioranza di due terzi (672 voti), dal quarto è sufficiente la maggioranza assoluta (505 voti).
I grandi elettori e le minoranze
Un ruolo molto importante, nell’elezione del Presidente della Repubblica, sarà quello dei grandi elettori, composti dai parlamentari e dai delegati regionali. Di questi il gruppo più numeroso è quello del PD, composto da 446 persone. Poi abbiamo Forza Italia, con 147, e il Movimento 5 Stelle con 139. Seguono gli altri gruppi: Nuovo Centrodestra-UdC (73), Lega Nord (38), SEL (34), Fratelli d’Italia (12). Nessuno dei due gruppi di governo è compatto, nemmeno i due maggiori. Del PD si sa in linea generale che i suoi grandi elettori sono più o meno gli stessi che sono intervenuti nella situazione di confusione del 2013. Non si riesce a capire bene che cosa faranno i singoli, anche perché la votazione è segreta. In più dobbiamo considerare che, all’interno del Partito Democratico, ci sono quelli che si oppongono direttamente a Renzi, come Civati e Fassina. La stessa situazione si può rintracciare all’interno di Forza Italia, dove ci sono i fittiani e quelli che sono scontenti del Patto del Nazareno. Renzi e Berlusconi puntano tutto sul quarto scrutinio: anche se si mettono in conto 230-250 dissidenti e franchi tiratori, potrebbero farcela lo stesso. C’è pure un’altra possibilità: Renzi potrebbe non considerare il Patto del Nazareno per la scelta del rappresentante al Quirinale e contare soltanto sui partiti che appoggiano il proprio governo: in questo caso la maggioranza sarebbe troppo risicata.
I numeri dei partiti
Per comprendere meglio le intenzioni di voto per l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica, non possiamo non prendere in considerazione i numeri che i vari partiti possiedono alla Camera e al Senato. Ad un’analisi precisa, il Partito Democratico registra 415 parlamentari, 307 alla Camera e 108 al Senato; Forza Italia 130 (70 alla Camera e 60 al Senato); il Movimento 5 Stelle 137 (100 alla Camera, 37 al Senato); la Lega Nord (comprese le Autonomie) 35 (20 alla Camera, 15 al Senato); l’Area Popolare, composta da Nuovo Centrodestra e UdC, 70 in totale (34 alla Camera, 36 al Senato). Poi non dobbiamo dimenticare Scelta Civica, con 25 alla Camera e 7 al senato, Sinistra Ecologia Libertà con 26 componenti, Per l’Italia con 13 parlamentari alla Camera, Fratelli d’Italia con 9 alla Camera, il Gruppo Misto con 26 alla Camera e 26 al Senato, le Grandi Autonomie e Libertà con 15 al Senato e il Gruppo per le Autonomie con 16 al Senato. Un certo peso è detenuto anche dai delegati per ogni regione, 2 dei quali in genere appartengono alla maggioranza e uno alla minoranza. In questo quadro fa eccezione soltanto la Valle d’Aosta, che ha un solo rappresentante. Se si sommano i numeri di PD, NCD, Scelta Civica e gruppi centristi della maggioranza, insieme a quelli di Forza Italia e dei delegati regionali, Renzi dal quarto scrutinio in poi potrebbe contare su quasi 750 voti.
Renzi e Berlusconi
Per eleggere il Presidente della Repubblica, il PD e Forza Italia hanno bisogno di poter contare su numeri che possono andare oltre i dissidenti del Partito Democratico, anche se non bisogna dimenticare gli eventuali dissidenti anche nel Centrodestra. Le condizioni sembrano esserci tutte, anche perché possiamo aggiungere al novero gruppi che non sono ostili al Patto del Nazareno, come, ad esempio, Scelta Civica, Grandi Autonomie e Per l’Italia. A mettere i bastoni fra le ruote ci potrebbero essere soltanto i dissidenti di 3 gruppi: PD, M5S e SEL. Per questo si fa il nome di Romano Prodi, che potrebbe partire anche da una base di 300 voti. L’elezione di Prodi al Quirinale, tuttavia, farebbe saltare il Patto del Nazareno con conseguenze imprevedibili anche sulla legislatura.
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