I vincitori morali e materiali delle elezioni 2018 sono Luigi Di Maio e Matteo Salvini. Il primo è a capo del partito che correndo da solo ha raccolto più voti, il secondo ha risollevato la Lega portandola dal misero 4,34% delle elezioni 2013 (dati Senato) ad essere il primo partito della coalizione di centro-dx.
Di Maio e Salvini, così uguali ma così diversi: entrambi convinti antieuropeisti, entrambi bollati come “populisti”, entrambi desiderosi di una stretta sull’immigrazione. Ma una differenza fondamentale c’è: uno si rivolge ai lavoratori, l’altro ai disoccupati. La mappa elettorale del consenso mostra un’Italia divisa in due: il centro-nord vota compatto per la coalizione di destra e il centro-sud vota unanime per i Cinque Stelle. Sia Di Maio che Salvini hanno venduto dei sogni al proprio elettorato: al nord, dove il lavoro c’è, meno tasse e una riforma pensionistica che comporti l’abolizione della legge Fornero. Al sud, dove il lavoro non c’è, si invoca e si pretende il reddito di cittadinanza.
Ora il problema è mantenere quelle promesse, dal momento che tutti gli osservatori hanno spiegato fin troppo bene che le coperture non ci sono. Qual è il timore diffuso? Che quelle promesse siano solo due uova di Pasqua con dentro sorprese farlocche.
[didascalia fornitore=”altro”]A sinistra la distribuzione dei voti, a destra il tasso di disoccupazione[/didascalia]