Il giudice ha respinto il ricorso avviato dalla lista Cappato in merito alle firme digitali: annunciati sia ricorsi interni che internazionali.
Il giudice Andrea Borrelli, del Tribunale Civile di Milano, ha respinto il ricorso formulato dalla lista Cappato in merito al riconoscimento delle firme digitali. A cinque giorni dalle elezioni, dunque, la lista non è stata ammessa in Lombardia e ha annunciato ricorsi, sia interni che internazionali, che potrebbero coinvolgere anche la Corte europea dei diritti dell’uomo.
Il ricorso della lista di Marco Cappato, in merito alle firme digitali, è stato respinto dal Tribunale Civile di Milano.
La decisione è giunta a cinque giorni di distanza dalle elezioni del 25 settembre e a cinque anni di distanza da quando, nel 2017, il Parlamento aveva chiesto il governo, in un periodo di sei mesi, di mette a disposizione la firma digitale per la presentazione delle liste, come sottolineato da Virginia Fiume, co-presidente di Eumans.
Marco Perduca, responsabile legale della lista Cappato, afferma che il Governo aveva espresso la propria opposizione in merito al ricorso d’urgenza e all’eventualità di posticipare le elezioni, qualora sarebbe stato accolto.
Anche se il giudice non ha accolto il ricorso avviato dalla lista Cappato, sia quest’ultima che Eumans fanno sapere che la questione non è chiusa e che saranno attuati sia ricorsi interni che di natura internazionale.
Una decisione, dunque, che non è andata giù alla lista Cappato, tanto da annunciare, fin da subito, ricorsi interni e internazionali, scaturiti da quello che è stato definito “lo scaricabarile tra istituzioni“.
Questa la risposta di Marco Cappato alla decisione intrapresa dal giudice Andrea Borrelli, in merito non solo al riconoscimento delle firme digitali, ma anche alla riammissione della stessa lista nella regione Lombardia.
A tal proposito, Cappato potrebbe rivolgersi alla Corte Europea dei diritti dell’uomo, che, da sempre, riconosce il diritto di voto come punto fondamentale, sia per esprimere le proprie preferenze, in sede di votazione, sia per avere la possibilità di candidarsi ed essere eletti.
Inoltre, il leader di Referendum e Democrazia aveva anche chiesto al ministro Lamorgese e a Draghi di intervenire, in merito, con un decreto, considerando il fatto che per i referendum la firma digitale è ammessa, come per quelli sulla cannabis e l’eutanasia, tema molto caro all’ex radicale.
La firma digitale sarebbe stato un ottimo strumento, per i partiti più piccoli e meno strutturati, di presentarsi alle elezioni.
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