Urne aperte in Spagna per le prime elezioni in un Paese europeo dopo Brexit. Spagnoli al voto domenica 26 giugno per eleggere, finalmente, un governo stabile. Così, almeno, si spera. Il rischio di una nuova ingovernabilità è concreto. Le elezioni di sei mesi fa non sono servite a niente, se non a far piombare un Paese già in crisi in una ulteriore instabilità. Nessuno dei partiti eletti a dicembre aveva infatti ottenuto una maggioranza, così a inizio maggio Re Filippo VI ha firmato il decreto per sciogliere le Camere e indire nuove elezioni.
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In Spagna, un po’ come sta avvenendo in Italia con l’ascesa del Movimento 5 Stelle, il bipartitismo è finito. Accanto ai tradizionali partiti, il Partito Popolare (PP) dell’attuale premier Mariano Rajoy e il Partito Socialista (PSOE) di Pedro Sánchez, sono piombati Ciudadanos di Albert Rivera ma soprattutto Podemos di Pablo Iglesias.
Quest’ultimo, dopo l’alleanza con Izquierda Unida, punta a governare la Spagna. Secondo gli ultimi sondaggi è al 25% e potrebbe arrivare dietro al PP (dato al 28-30%), e avanti a PSOE (21%) e Ciudadanos (15%). L’obiettivo di Iglesias è di guidare il Paese alleandosi con i socialisti. A cui strizza l’occhio anche Rajoy per formare una gran coalicion.
Di certo la Spagna, dopo Brexit e i timori di effetto domino, ha ancora più bisogno di un governo forte che faccia fronte alle nuove politiche europee di Bruxelles. E capace di cavalcare lo scontento sempre più diffuso, in particolare tra i giovani che temono austerità, disoccupazione e mancanza di futuro. Scontento interpretato al meglio proprio da Podemos, il partito più antisistema e antiausterità di tutti.