L’India è pronta per le elezioni 2014. All’appuntamento sono chiamati oltre ottocentoquattordici milioni di aventi diritto al voto, di cui cento milioni di giovani che vanno alle urne per la prima volta. I risultati finali si conosceranno il 16 maggio, dopo più di un mese di votazioni. Si tratta della più costosa tornata elettorale della storia indiana, e anche della più lunga. Scopriamo chi sono i principali candidati favoriti.
Il futuro dell’India
35 miliardi di rupie, ovvero 423 milioni di euro, escluse le spese per la sicurezza e le candidature individuali: questo è il costo dell’appuntamento politico che coinvolge la cittadinanza indiana.
La Commissione elettorale dell’India ha annunciato le nove fasi in cui sono stata divise le elezioni, dal 7 aprile al 12 maggio.
Il governo che verrà scelto a Nuova Delhi dovrà fare i conti con la crisi in India, che ha rallentato negli ultimi due anni lo sviluppo del Paese, e provvedere alle esigenze di cento milioni di giovani (gli elettori che votano la prima volta) che, per la maggior parte, sono in cerca di occupazione.
Manmohan Singh, attuale premier, lascerà la vita politica: l’anziano primo ministro, eletto per due mandati consecutivi, ha dichiarato di non volere più ricoprire tale ruolo (sarebbe la terza volta) a e che si ritirerà in ogni caso anche se il partito del Congresso dovesse vincere.
L’India è un Paese difficile, sono molte le anime al suo interno, non dobbiamo dimenticare che l’India è composta da più di un miliardo di abitanti che non parlano la stessa lingua, e non hanno la stessa religione. Coloro che pensano di governare un Paese così grande raccolgono una enorme sfida: coniugare passato e futuro, sviluppo e giustizia sociale.
I candidati favoriti
Narendra Modi, esponente della destra estrema (Bharatya Janata Party-Bjp), noto per il suo ‘pugno di ferro’, al momento è dato come favorito nella corsa alla poltrona di premier. Sostenitore del liberismo più sfrenato, viene considerato, anche da chi lo critica, “uno dei migliori amministratori dell’India”.
Ma NaMo, come lo chiamano i suoi seguaci, ha un passato particolare, inquietante, che ha a che fare con i massacri di musulmani in Gujarat del 2002-2003 quando lui era alla guida dello stato. Negli ultimi anni ha cercato in tutti i modi di ripulire la sua immagine, e in qualche modo c’è riuscito, sia in patria che all’estero.
Il fatto grave è che il suo ruolo nei massacri di musulmani non sia mai stato del tutto chiarito. Definito “mercante di morte” e assassino di massa vanta però, oltre al primato di miglior amministratore dell’India, anche la fama di incorrotto e incorruttibile.
Lui, in campagna elettorale ha dichiarato di volere “un’India libera dal partito del Congresso” – quello della dinastia Gandhi – uno dei componenti del governo ha risposto: “Modi farebbe meglio a desiderare un’India libera dal bisogno di dover defecare all’aperto“.
La quasi totalità degli uomini d’affari indiani (sia hindu che musulmani) e la classe middle – che cerca di fare un salto di reddito – lo appoggiano, con buona pace dei musulmani massacrati, dei politici uccisi o morti in incidenti “strani”.
Il partito di Sonia Gandhi
Il partito di Sonia Gandhi, che dominava da tre legislature, è in caduta libera. Per la prima volta è tramontato il vecchio bipolarismo a New Delhi, metropoli di 16 milioni di abitanti, con un costo della vita alle stelle, la piaga delle violenze sessuali e enormi problemi di inquinamento. Di fronte a NaMo, il giovane Rahul Gandhi non regge il confronto.
Da candidato naturale del partito del Congresso a erede di un flop colossale. I maligni raccontano che anche sua madre non ha avuto il coraggio di candidarlo ufficialmente a premier.
Alla guida della campagna elettorale del Congresso restano comunque in tre: Manmohan Singh (uscente), Sonia Gandhi e il giovane e cosmopolita Rahul, criticato poichè educato all’estero e considerato poco in grado di comprendere la realtà del Paese.
Il “Beppe Grillo indiano”
Arvind Kejriwal, leader del partito dell’anti-politica Aam Admi Party, ovvero partito dell’Uomo della Strada, ha trionfato nelle elezioni amministrative di New Delhi di dicembre scorso, annullando con un colpo di jharu (la tipica ramazza indiana senza manico) 15 anni di potere della ‘invincibile’ governatrice Sheila Dikshit, fedelissima di Sonia.
Kejriwal, che vorrebbe mandare a casa i politici e i burocrati corrotti e fare pulizia negli apparati amministrativi, ha saputo cavalcare il malcontento popolare, ha conquistato 28 seggi sui 70 dell’assemblea legislativa della capitale, appena 5 meno del centro-destra del Bharatya Janata Party (Bjp). Anche la destra ha temuto Kejriwal e il suo esercito di “uomini della strada”.
Attualmente, stando ai sondaggi, Kejriwal non ha alcuna possibilità di vincere le elezioni ma rischia di portar via una buona fetta di voti a Narendra Modi.
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