Silvio Berlusconi vuole che a vincere le prossime elezioni di Roma sia il centrodestra o il Movimento 5 Stelle? La commedia con protagonista Guido Bertolaso, che ha le stesse possibilità di sedere in Campidoglio di un treno della Roma-Lido di arrivare a Ostia senza intoppi, pone questo provocatorio interrogativo. Si tratta di una lucida strategia politica a lungo termine dell’ex Cavaliere oppure, come dicono nella Capitale, è che proprio gnaa fa più? I complottisti come la grillina Paola Taverna in queste ipotesi ci sguazzano…
Premessa: è possibile che nelle prossime ore o nei prossimi giorni Berlusconi, con l’ennesimo colpo di teatro, smentisca tutti e decida di ricompattare davvero il centrodestra attorno alla Meloni. La realtà ora è diversa, con il centrodestra spaccato, Meloni e Salvini più uniti che mai, Berlusconi in confusione totale.
La scelta di Bertolaso
Partiamo con la scelta del candidato sindaco. Chi, se non la Meloni, romana doc nata e cresciuta alla Garbatella, in politica da quando era una regazzina, era per il centrodestra il nome giusto per puntare al Campidoglio? La scelta appariva scontata fin da subito. Invece no. Complice anche la stessa Meloni, all’inizio titubante, c’è voluto troppo tempo per avere un nome. E l’attesa non è stata ripagata da un personaggio credibile, anzi. “Come Bertolaso?!”, si sono chiesti subito gli elettori di centrodestra e i berlusconiani doc. Dopo lo scandalo Mafia Capitale come si può candidare un indagato, coinvolto nell’inchiesta “Grandi rischi bis” con l’accusa di omicidio colposo plurimo e lesioni? Per non parlare dello scarso appeal dell’ex capo della Protezione Civile e dei suoi immediati autogol politici, come quello sui “rom vessati”. A prescindere dalla complessa questione dei rom, molto sentita a Roma, un candidato di destra in campagna elettorale non può parlare come uno di sinistra: sono le basi della comunicazione politica.
Le conseguenze della scelta di Bertolaso? La spaccatura dell’alleanza tra Berlusconi, Meloni e Salvini, che tanto si erano amati in autunno sul palco di Bologna. E la discesa in campo, finalmente, della Meloni. Convinta definitivamente proprio dall’atteggiamento maschilista del duo Berlusconi-Bertolaso, secondo cui una mamma nel 2016 non può fare il sindaco.
Berlusconi ci ripensa. Anzi no
Il 21 aprile il dietrofront di Berlusconi: Meloni candidato unico del centrodestra e addio a Bertolaso. Anzi no: l’ex Cav ci ripensa. Alla riunione di partito, con gli stessi fedelissimi che gli avevano implorato di convergere sul leader di Fratelli d’Italia perché si andava incontro a un flop epocale, decide di non decidere. Sembrava scontato il ben servito a Bertolaso (a cui avrebbe comunque garantito una poltrona), convinto dai sondaggi disastrosi. E invece no. Lo stesso Bertolaso, il 21 aprile sera, annuncia che non molla: “Berlusconi mi ha chiesto di andare avanti”.
Meloni e Salvini perdono la pazienza
La Meloni e Salvini, sul palco del Pincio per il primo comizio della campagna elettorale, perdono la pazienza. La Meloni: “Ho aspettato fino a 10 minuti fa e mi aspettavo il solito guizzo di Berlusconi. Le nostre porte sono aperte, ma non aspettiamo più nessuno. Oggi iniziamo la nostra campagna elettorale. E sia chiaro: squadra che vince non si cambia. Se arriviamo al ballottaggio niente apparentamenti”. Salvini (sempre più innervosito dagli atteggiamenti di Berlusconi): “Noi andiamo avanti con Giorgia Meloni e con i romani che, secondo tutti i sondaggi, non pensano che Bertolaso possa mai diventare sindaco in questa vita mentre Giorgia Meloni sì”. Insomma, uno spiraglio di ricompattarsi ancora c’è. Forse.
E se Berlusconi tifasse per Virginia Raggi?
La prima a parlare di teoria del complotto non poteva essere che un’esponente del Movimento 5 Stelle, Paola Taverna: “Ho pensato che potrebbe essere in corso un complotto per far vincere il Movimento Cinque Stelle a Roma. La scelta di Bertolaso mi ha lasciato perplessa tanto quanto quella di Giachetti. Diciamocelo chiaramente, questi stanno mettendo in campo dei nomi perché non vogliono vincere Roma, si sono già fatti i loro conti”. E se la Taverna, sotto sotto, avesse ragione?
Mettiamola così. Roma non fa schifo come dicono, ma è una città in grave crisi, alle prese con mafia, corruzione, microcriminalità, trasporti fatiscenti, degrado. Insomma, una giungla. Quale può essere stato allora il contorto e perfido ragionamento di Berlusconi (e forse, all’inizio, della stessa Meloni)? Proviamo a immaginarlo. Nemmeno i 5 Stelle, i paladini dell’onestà, possono essere in grado di salvare Roma. Nel dubbio, noi e il Pd saremo pronti a mettergli il bastone tra le ruote. Se i 5 Stelle fanno una figuraccia a Roma poi non hanno speranze di vincere le elezioni politiche, e a quel punto ce li togliamo dalle scatole e torniamo seriamente in campo. E allora, perché bruciare subito un candidato potenzialmente forte come la Meloni?
Confusione (e masochismo) o strategia politica? Il dubbio resta. La certezza è che la Meloni alla fine ha deciso di metterci la faccia e sfidare Virginia Raggi, che secondo i sondaggi resta favorita. E che secondo i più maliziosi Berlusconi inviterebbe volentieri a cena ad Arcore. Cena elegante, si intende.
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