Le ennesime elezioni politiche tenutesi in Spagna – le quarte in quattro anni – convocate a distanza di soli 6 mesi dalle ultime per cercare di dare al Paese una chiara maggioranza di governo, rischiano di creare una nuova situazione di stallo: i numeri in Parlamento cambiano poco e per quanto possibile rendono la situazione ancora più complicata. Infatti, se i socialisti guidati dal primo ministro uscente Pedro Sanchez si confermano la prima forza politica del Paese con il 28% dei voti e 120 seggi conquistati in Parlamento, è pur vero che nel suo complesso la probabile coalizione di sinistra – nei numeri la prima candidata alla formazione di una maggioranza di governo – fa registrare un lieve arretramento: se lo stesso Psoe deve registrare un lieve calo nei consensi e nei seggi conquistati – 120 rispetto ai 123 uscenti – è in particolare la formazione di sinistra guidata da Pablo Iglesias, Unidas Podemos, ad essere maggiormente ridimensionata con il 12,8% dei consensi e 35 seggi conquistati rispetto ai 42 precedenti. La maggioranza in Parlamento, fissata a 176 seggi, è dunque ancora più lontana.
Sul fronte opposto, recupera terreno il Partito Popolare guidato da Pablo Casado, principale formazione di centrodestra del Paese, che si posiziona al secondo posto conquistando 87 seggi rispetto ai precedenti 66. Ma le elezioni di ieri in Spagna si segnalano soprattutto per il successo della formazione di ultradestra Vox, che nonostante le corrette previsioni dei sondaggi segna un risultato clamoroso: il partito d’ispirazione sovranista guidato da Santiago Abascal si aggiudica il 15,1% dei consensi e passa dai 24 seggi delle passate elezioni a 52, divenendo la terza forza del Paese. La netta affermazione di Vox, che ha tra le ragioni principali della sua ascesa l’esplosione della questione catalana, segna in particolare il ritorno nello scacchiere politico spagnolo – dopo molti anni di assenza – di un importante partito di estrema destra. Infine, dietro ai popolari e ai sovranisti di Vox si posiziona Ciudadanos, partito di centrodestra d’ispirazione liberale che crolla al 6,8% dei consensi aggiudicandosi solamente 10 seggi.
Evidente dunque come né il blocco di sinistra né il blocco di destra abbiano i numeri sufficienti per la formazione di un governo, motivo principale per le quali erano state convocate le elezioni in Spagna. Si teme dunque una nuova impasse che a questo punto dovrebbe far riflettere sulla reale efficacia del sistema politico ed elettorale spagnolo nella formazione di chiare maggioranze di governo che possano garantire la governabilità del Paese. Altro dato da segnalare è quello sull’affluenza alle urne da parte dei cittadini spagnoli, in calo rispetto alle elezioni dello scorso 28 aprile: alle ore 18 l’affluenza era del 56,86%, circa quattro punti percentuali in meno rispetto al 60,7% delle ultime elezioni. Un dato per certi versi fisiologico se si considera che si tratta delle quarte elezioni in quattro anni in Spagna.
Per quanto riguarda invece i partiti indipendentisti catalani, Esquerra Republicana, formazione indipendentista di sinistra, si aggiudica 13 seggi in Parlamento, mentre gli indipendentisti catalani di centrodestra di Junts per Catalunya ne ottengono 7. Probabilmente saranno proprio quest’ultimi due partiti a giocare un ruolo chiave nella formazione di una maggioranza di governo.
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