Ormai ci siamo: tra meno di 24 ore gli americani sceglieranno il 45esimo Presidente degli Stati Uniti. Quale sarà il risultato, gli States avranno scritto la storia, votando o per la prima donna presidente con la democratica Hillary Clinton o il primo imprenditore miliardario che non ha mai fatto politica con il repubblicano Donald Trump. Chi sederà alla Casa Bianca raccoglierà l’eredità di otto anni di presidenza di Barack Obama, il primo presidente afroamericano mai eletto nel paese. L’ex senatore dell’Illinois ha rappresentato una svolta per l’intera comunità nera, dimostrando che, anche in un paese percorso da enormi tensioni razziali, è possibile puntare in alto, con una presidenza tra luci e ombre che toccherà alla storia giudicare. In ogni caso, il prossimo inquilino della White House dovrà fare i conti con un paese diviso da una campagna elettorale che tutti giudicano come la peggiore della storia, tra accuse e veleni. In attesa di scoprire chi sarà il vincitore, facciamo un breve ripasso sulle elezioni americane.
Il sistema elettorale statunitense è molto diverso da quello italiano e non solo per il presidenzialismo. A differenza di quanto si possa pensare, gli elettori non votano direttamente il loro candidato: come già per le primarie, anche per la Casa Bianca si vota con elezione indiretta. Chi si reca al seggio vota per il proprio collegio elettorale da cui usciranno i grandi elettori collegati al candidato: saranno poi loro a votare il presidente.
IL CALENDARIO DEI SEGGI PER LE PRESIDENZIALI USA 2016: Gli Stati Uniti sono una nazione enorme con sei fusi orari e con legislazioni diverse per ogni singolo Stato anche per le elezioni presidenziali. In Italia si dovrebbero avere i primi risultati dello spoglio (che è elettronico in molti casi) a partire dalle 5 del mattino; entro le 9 al massimo si avrà la certezza del vincitore.
Questi sono gli orari della chiusura dei seggi (indicata l’ora italiana):
01:00 Virginia, Vermont, South Carolina, Kentucky, Indiana, Georgia;
01:30 Ohio, North Carolina, West Virginia;
02:00 Florida, Alabama, Connecticut, Delaware, Dc, Illinois, Maine, Maryland, Massachusetts, Mississippi, Missouri, New Hampshire, New Jersey, Oklahoma, Pennsylvania, Rhode Island, Tennessee;
02:30 Arkansas;
03:00 Colorado, Texas, Wisconsin, Kansas, Louisiana, Michigan, Minnesota, Nebraska, New Mexico, New York, North Dakota, South Dakota, Wyoming;
04:00 Iowa, Arizona, Montana, Nevada, Utah;
05:00 California, Hawaii, Idaho, Oregon, Washington;
07:00 Alaska;
IL VOTO ANTICIPATO: Altra differenza tra il sistema americano e il nostro è che gli USA prevedono il voto anticipato. L’8 novembre è infatti il giorno in cui tutti gli Stati vanno al voto e si effettuano gli spogli, ma ci sono alcune contee che permettono agli elettori di votare in anticipo rispetto all’Election Day, con tempistiche che vanno da 45 a 5 giorni prima: questo viene concesso per permettere una gestione dei voti più semplice per chi deve organizzare i seggi ma anche per gli elettori che possono organizzarsi come meglio credono. In ogni caso, tutti i voti vengono scrutinati l’8 novembre.
Il primo paese a votare è una piccolissima comunità del New Hampshire (uno degli Swing State), Dixville Notch (al censimento 2010 erano registrati 12 abitanti) che ha preso alla lettera la vicenda dell’Election Day. Tutti gli abitanti elettori infatti hanno deciso di togliersi subito il pensiero e di recarsi alle urne alla mezzanotte spaccata. Quest’anno il loro voto ha premiato la Clinton: otto i votanti, sette le schede valide (una è stata annullata perché l’elettore aveva scritto il nome di Mitt Romney a mano), quattro voti alla democratica, due a Donald Trump, uno al libertario Gary Johnson.
VERSO L’ELECTION DAY: un piccolo ripasso. Il primo passo è la scelta dei candidati che avviene tramite le elezioni primarie con cui i due più grandi partiti (democratici e repubblicani) scelgono il proprio candidato, secondo regole precise.
COME FUNZIONANO LE ELEZIONI PRIMARIE NEGLI STATI UNITI
Le presidenziali sono il ballottaggio tra i due candidati finali e si tengono nel cosiddetto Election Day, giorno fissato al primo martedì di novembre (per la precisione al martedì successivo al primo lunedì di novembre per evitare che cada il 1° novembre, giorno di festa) ogni quattro anni: quest’anno cade l’8 novembre.
In quel giorno si svolgono le elezioni popolari, cioè quelle dei cittadini che eleggono i propri grandi elettori, a loro volta chiamati a scegliere il Presidente a dicembre.
La nomina ufficiale del presidente, con la cerimonia del giuramento, avviene il 20 gennaio dell’anno successivo (nel nostro caso sarà il 20 gennaio 2017), il cosiddetto Inauguration Day, quando prende il via la presidenza.
LISTE ELETTORALI: Il sistema elettorale americano ha una prima grande differenza con il nostro: negli Stati Uniti bisogna registrarsi nelle liste elettorali per poter votare. Mentre in Italia ogni cittadino, compiuti i 18 anni, è iscritto automaticamente nella lista elettorale del comune di residenza, negli USA è il cittadino che deve iscriversi, indicando, in base alla legislazione dello Stato sulle Primarie, se si è democratici, repubblicani o indipendenti (né l’uno né l’altro). L’unico Stato in cui non ci si deve registrare è il North Dakota: essendo uno stato rurale composto da piccole comunità, non vige l’obbligo perché i funzionari di seggio conoscono tutti e viceversa.
VITTORIA SU PIU’ STATI: Alla base del sistema elettorale americano c’è la struttura federale del paese: gli USA sono composti da 50 Stati e il Presidente deve rappresentarli tutti nell’interesse sovranazionale. Per vincere le elezioni bisogna avere il maggior numero di Stati e non la maggioranza assoluta dei voti. Un caso simile è avvenuto nel 2000 in occasione della sfida George W. Bush-Al Gore quando il repubblicano ebbe quasi 500mila voti in meno dello sfidante ma vinse in più Stati, ottenendo la maggioranza dei grandi elettori: era già successo altre tre volte nella storia americana.
COLLEGIO ELETTORALE E GRANDI ELETTORI: Come anticipato, l’elezione del Presidente degli Stati Uniti avviene in maniera indiretta. Chi si reca alle urne vota per il proprio collegio elettorale, come stabilito nel II articolo della Costituzione dai Padri Fondatori, per limitare il populismo nella scelta finale del “Commander in Chief”. Con il sistema dell’electoral college vengono scelti i grandi elettori che sono distribuiti in modo proporzionale alla popolazione dello Stato: in tutto sono 538. Per essere eletto presidente occorre avere più di 270 grandi elettori, ma come funziona?
Ogni Stato vota i grandi elettori che sono delegati a votare un solo candidato, anche se il loro è un obbligo politico e non legale: in teoria, potrebbero essere scelti per votare il candidato x ed eleggere il candidato y, ma è un’opzione che non si è mai verificata nella storia degli States (o meglio, si è verificata pochissime volte e mai in modo decisivo). Al momento dello spoglio, si procede non con conteggio generale, ma Stato per Stato, con un sistema maggioritario secco chiamato ‘winnertakes all‘: chi vince, anche solo di un voto, si prende tutti i grandi elettori dello Stato. Fanno eccezione gli Stati del Maine e del Nebraska, suddivisi in collegi elettorali con sistema proporzionale (assegnano i propri grandi elettori in base ai voti ricevuti).
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GLI SWING STATES: Abbiamo visto che per vincere è necessario avere il voto di almeno 270 grandi elettori. I candidati però si rivolgono soprattutto a quelli che vengono definiti Swing States, cioè stati in bilico. Si tratta degli stati che non hanno una solida tradizione democratica o repubblicana e che cambiano maggioranza in ogni elezione: di norma sono una decina e sono loro il vero ago della bilancia. Secondo le proiezioni, sono undici gli Swing States delle presidenziali 2016. Il sito Politico li ha analizzati uno per uno, prendendo come riferimento i dati attuali ma anche quelli storici: si tratta di Colorado, Florida, Iowa, Michigan, Nevada, New Hampshire, North Carolina, Ohio, Pennsylvania, Virginia e Wisconsin. Qui la battaglia tra la i due candidati è serratissima, con la Clinton in vantaggio di pochissimo e con tutto ancora da decidere.
NESSUN VINCITORE AL BALLOTTAGGIO: È quello che si definisce lo scenario 1824, in riferimento a quanto successe con l’elezione di Andrew Jackson alla Casa Bianca. Nel dettaglio, è il caso in cui nessuno dei candidati ottiene il quorum dei grandi elettori (il fatidico 270): in quel caso si fa valere il XII Emendamento che dà alla Camera dei rappresentanti il compito di eleggere il Presidente (un voto per Stato), da confermare con un secondo voto per la scelta del vicepresidente al Senato.
COSA FA IL PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI: Il Presidente degli Stati Uniti è il capo dello Stato federale, ed esercita il potere esecutivo (sempre a livello federale), mentre il Congresso (Camera dei Rappresentanti e Senato) detiene quello legislativo. Unico potere che ha sulla creazione delle leggi è il potere di veto e di raccomandazione. È il Commander in Chief, cioè capo delle forze armate, può negoziare e stipulare trattati internazionali, nomina i rappresentanti federali e ha poteri eccezionali in caso di emergenza. Dura in carica 4 anni e non può essere eletto per più di due mandati: per essere eletti bisogna avere 35 anni, essere cittadino americano di nascita ed essere residente negli States da almeno 15 anni.
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