Hillary Clinton torna a parlare dopo la sconfitta alle elezioni presidenziali USA e punta il dito contro l’Fbi, il vero responsabile, a suo dire, della vittoria di Donald Trump. Per la prima volta dal voto dell’8 novembre, l’ex candidata democratica analizza quanto accaduto in una situazione “protetta”, lontano dai riflettori e di fronte a un pubblico che l’ha sostenuta. L’analisi infatti filtra dalle pagine di Politico.com secondo cui la Clinton avrebbe analizzato la sconfitta nella teleconferenza con i suoi finanziatori, rivolgendosi ai grandi donatori della sua campagna: la seconda lettera di James Comey, quella con cui il direttore dell’Fbi diceva di voler riaprire le indagini sulle email a una settimana dal voto ha spostato gli elettori indecisi e ha dato la palma della vittoria al suo avversario.
Nei 32 minuti di conversazione, la Clinton avrebbe puntato il dito contro il numero uno del Bureau e in particolare sulla seconda lettera, quella in cui metteva in discussione le indagini e l’assoluzione sull’email gate. L’ex Segretario di Stato avrebbe detto ai finanziatori che l’analisi dei dati della campagna ha mostrato come il consenso sia calato dopo la prima lettera di Comey (quella in cui prendeva le distanze dalla prima indagine), per poi tornare a salire e a rimanere alti fino alla seconda che, a tre giorni dal voto, “ha risvegliato gli elettori di Trump“, togliendo gli indugi agli indecisi.
TRUMP INCONTRA FARANGE
Nel frattempo, continua l’attività del presidente eletto. Nella mattina di domenica Trump ha incontrato Nigel Farage, leader dell’Ukip e promotore della Brexit: l’incontro è avvenuto nella suite del magnate a New York, con tanto di foto tra gli stucchi dorati postata su Twitter.
“È stato un grande onore passare del tempo con Donald Trump. Era rilassato e pieno di buone idee. Sono fiducioso del fatto che sarà un buon presidente”, si legge nel post. “Il supporto di Trump rende le relazioni tra USA e Gran Bretagna molto forti. È un uomo con cui possiamo lavorare bene”, continua un secondo tweet, mentre un terzo sottolinea la sua “reazione positiva all’idea di voler riportare il busto di Winston Churchill nella Stanza Ovale”.
PROTESTE CONTRO TRUMP
Chi è rimasto fuori dalla Trump Tower di New York è il regista Michael Moore, uno dei pochi ad aver previsto la sua elezioni nonché una delle voci più critiche, che non è riuscito a superare la lobby del grattacielo. Al motto di “Non è il mio presidente” e “l’amore trionfa sull’odio” sono poi continuate le proteste contro Trump con migliaia di dimostranti scesi nuovamente per strada in diverse città. Le principali manifestazioni si sono tenute a New York, Los Angeles e Chicago. A Portland, in Oregon, la polizia a tarda notte ha arrestato almeno 19 persone. A New York la protesta ha attraversato la Fifth Avenue, con vetrine già addobbate in clima natalizio, ed è giunta sotto la Trump Tower.
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