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Elezioni USA, report dell’intellingence conferma: ‘Putin dietro agli hacker russi’

Il prossimo 20 gennaio Donald Trump giurerà da Presidente degli Stati Uniti ma le polemiche sulle elezioni USA non si placano, a maggior ragione dopo la pubblicazione del report dell’intelligence redatto da CIA, FBI e NSA, nella parte non coperta da segreto, che conferma i sospetti di molti. Dietro alle operazioni degli hacker russi che hanno colpito Hillary Clinton e il partito democratico durante la campagna, c’è Vladimir Putin, che aveva due obiettivi chiari: “denigrare” la candidata democratica, renderla agli occhi degli americani “non eleggibile” o comunque “danneggiare una sua presidenza”, e sviluppare “una chiara preferenza per il presidente eletto Trump“.

Il rapporto, consegnato al presidente uscente Barack Obama, è stato presentato al suo successore dal direttore della National Intelligence James Clipper e da quello dell’Fbi James Comey, quest’ultimo protagonista in prima persona dello scontro politico con le indagini annunciate e poi chiuse contro la Clinton.

QUANDO LA CLINTON LO DISSE CHIARAMENTE: ‘HO PERSO PER COLPA DELL’FBI

Le tre agenzie dell’intelligence non hanno avuto dubbi nell’indicare in Putin il mandante degli attacchi hacker che hanno portato, tra le altre cose, alla pubblicazione delle mail del capo dello staff elettorale della democratica, John Podesta, scatenando un vero putiferio e dipingendo la Clinton come una “bugiarda” patentata, nonostante l’assoluzione arrivata dall’Fbi.

IL REPORT DELL’INTELLIGENCE

Putin ha “personalmente ordinato una campagna di hacking e di disinformazione” con l’obiettivo di influenzare la campagna elettorale negli States, colpendo la Clinton e esprimendo una “chiara preferenza” per Trump. È questo il nucleo del rapporto che le tre agenzie di intelligence hanno redatto e pubblicato in una versione non segreta (ne esiste ovviamente anche una copia coperta da segreto di circa 50 pagine).

Non ci sono dubbi su chi ordinò di entrare nei sistemi informativi e nelle mail dei democratici, della Clinton stessa e dei suoi più stretti collaboratori, ma anche in quelli del Congresso e altro. Putin “ha ordinato nel 2016 una campagna di influenza rivolta alle elezioni presidenziali statunitensi” per colpire la democratica e favorire il tycoon.

Oltre alla divulgazione di mail private, gli hacker russi hanno usato diversi armi, a partire dai cosiddetti “trolls” fino alla creazione di fake news, cioè notizie false, poi divulgate con dovizia da Steve Bannon, lo chief strategy di Trump, tramite il suo Breitbart News.

Il rapporto chiarisce che i colleghi dell’intelligence russa hanno anche creato Guccifer 2.0, l’hacker che ha rubato i documenti e le mail ai democratici, e il sito DCLeaks.com, in cui venivano pubblicate e analizzate le mail di personaggi pubblici americani. Il vero obiettivo dell’intervento russo, conclude il rapporto era di “minare l’ordine liberal-democratico guidato dagli Stati Uniti”, usando quello che il New York Times definisce “un linguaggio insolitamente schietto”. “Putin e il governo russo hanno lavorato per aumentare le possibilità di elezione per il presidente eletto Trump, gettando discredito sul Segretario Clinton e contrastandola anche pubblicamente”, chiosa il rapporto. Nonostante tutto, conclude l’intelligence, non sembra ci sia stato un esito effettivo sul risultato delle elezioni.

LA REAZIONE DI TRUMP

Il presidente eletto ha reagito nel suo stile alla pubblicazione del rapporto e ha parlato di una “caccia alle streghe“. Dopo aver espresso ammirazione per gli agenti dell’apparato di intelligence e aver definito l’incontro “costruttivo”, Trump è passato all’attacco. “La Cina, poco tempo fa, ha hackerato 20 milioni di nomi di funzionari governativi”, ha detto parlando con il NY Times, in riferimento a un attacco avvenuto tra il 2014 e il 2015. “Come mai nessuno ne ha parlato? Si tratta di una caccia alle streghe politiche“, ha dichiarato.

“Detto questo, non voglio che altri paesi attacchino il nostro paese. Hanno hackerato la Casa Bianca, hanno hackerato il Congresso. Siamo la capitale mondiale dell’hacking”, ha concluso.

Lorena Cacace

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