“Ci stanno invadendo”; “Vengono qui a rubarci il lavoro”; “Se sono poveri perché hanno il cellulare?”. Sono frasi che sentiamo o leggiamo ogni giorno, dette nei confronti degli immigrati. Eppure, potrebbero essere benissimo rivolte a noi italiani dai londinesi. Sì, perché nonostante una campagna politica e mediatica sull’immigrazione “incontrollata”, i dati del Rapporto Idos 2015, raccontano un’altra verità: nel 2014, per la prima volta in vent’anni, le partenze dall’Italia sono state maggiori degli arrivi. Per la precisione 155mila persone sono andate via dal nostro Paese contro i 92mila arrivati sulle nostre coste.
L’Italia, per la sua storia e per vocazione, è sempre stata un Paese di migranti e solo di recente è diventata terra di immigrazione. Un po’ per la crisi, un po’ per un sistema incancrenito che non premia il merito ma solo le “giuste conoscenze”, giovani e meno giovani hanno lasciato lo Stivale per cercare fortuna altrove.
La scelta dei nostri connazionali è caduta soprattutto su Londra dove si sono trasferiti 250mila italiani. La loro presenza rende la capitale inglese la tredicesima città italiana, con la stessa popolazione di Verona. Il centro studi sull’immigrazione ha anticipato i dati più importanti del dossier, di prossima pubblicazione a ottobre: i numeri non mentono e svelano una realtà molto diversa da quello che parte della politica usa per propaganda pura e semplice. Il rapporto tra migranti italiani e immigrati stranieri è di tre a due.
Non solo. Le richieste di cittadinanza sono meno di quanto previsto dalla curva esponenziale degli ultimi anni: nel 2014 sono state 130mila, ventimila in meno di quanto previsto. Segno, dice il rapporto, che l’Italia sta diventando un paese sempre meno appetibile per gli stranieri. Il dato è preoccupante perché gli immigrati sono una ricchezza. Numeri alla mano, “tra quanto hanno prodotto i migranti in termini di contributi fiscali e previdenziali e quanto abbiamo speso in termini di welfare e sicurezza per respingere gli irregolari, il saldo è positivo. In un anno abbiamo guadagnato 4 miliardi”, ricorda Ugo Melchiona, presidente Idos.
A ciò si aggiunge il fatto che sono i migranti a fare lavori che, per esempio, portano avanti il made in Italy nel mondo. I vaccari delle pianure reggiane e lombarde, dove si producono Parmigiano Reggiano e Grana Padano, sono quasi tutti indiani sith; stessa cosa accade in Campania per la produzione della mozzarella di bufala. I pomodori sono raccolti da braccianti stranieri e spesso in condizioni al limite della schiavitù, pagati 2-3 euro l’ora per stare 10-12 ore sotto un sole cocente. Mohamed aveva 47 anni ed era sudanese, ma lo scorso 20 luglio un infarto lo ha stroncato in pieno giorno a Nardò, Puglia, mentre raccoglieva i pomodori che tutti, razzisti compresi, mangiamo ogni giorno.
Gli immigrati sono un bene per la società che li accoglie: fanno lavori necessari che nessuno vuole più fare. In più creano occupazione e ricchezza. Secondo lo studio “L’economia dell’Immigrazione: costi e benefici”, condotta dalla fondazione Leonessa, gli stranieri hanno portato un valore aggiunto pari a 85 miliardi di euro, di cui circa l’8% arriva da piccole e medie imprese da loro fondate.
Anche gli italiani all’estero portano ricchezza e produttività, creatività e intelligenza e i Paesi dell’immigrazione italiana, come l’Inghilterra e la Germania, lo hanno capito fin da subito. Quando lo capiremo anche noi, smetteremo di avere paura e di sentirci superiori. Perché chi si sente superiore non è altro che un razzista.