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L’encefalopatia epatica è una complicanza della cirrosi, una patologia cronica e degenerativa del fegato che provoca ogni anno circa 15mila decessi nel nostro Paese. Per capire tempestivamente l’insorgenza della malattia che colpisce circa il 20% dei cirrotici è possibile individuare alcuni ‘segnali spia’ tra i sintomi tipici, come la confusione mentale, oppure utilizzando un test semplice e veloce conosciuto come ‘Animal test naming’.
L’encefalopatia epatica, che in base al decorso clinico viene classificata come episodica, ricorrente o cronica è uno scompenso che ha un grosso impatto sulla qualità e sull’aspettativa di vita dei malati. Ce ne ha parlato Oliviero Riggio, professore associato di Gastroenterologia Università Sapienza di Roma, che ci ha spiegato l’importanza di capire subito alcuni segnali evidenti legati alla malattia.
“La confusione è uno dei segnali, tecnicamente tipica dei deliri in cui rientra anche l’encefalopatia epatica – sottolinea Riggio – Attenzione però a non confondere, ad esempio nella persona anziana, la confusione mentale con la demenza. In quest’ultima c’è la perdita della memoria a breve termine, mentre i deliri legati all’encefalopatia epatica sono caratterizzati dal fatto che il paziente confonde il bagno con la stanza da letto o la sorella con la moglie”.
L’esperto chiarisce che i pazienti con i sintomi dell’encefalopatia epatica soffrono di disorientamento temporale e spaziale. Ad esempio se gli viene chiesto non ricordano in che giorno della settimana stiamo. “E’ chiaro che il familiare di un cirrotico appena vede questi segnali deve pensare che nel 99% dei casi si sta manifestando l’encefalopatia. Poi la ‘palla’ passerà al medico che dovrà fare un esame obiettivo”, evidenzia Riggio.
Non bisogna mai sottovalutare il problema, dato che l’encefalopatia epatica è una malattia recidivante e “una volta che si manifesta tende a ritornare. Anche per questa particolarità è una delle principali cause di ricovero del paziente cirrotico – sottolinea l’esperto – Per questo è importante un diagnosi precoce”. Ricordiamo che circa il 50% dei cirrotici vive una condizione di encefalopatia epatica nella parte finale della patologia. La forma ricorrente o permanente (quindi invalidante) si presenta nel 5-10% dei casi.
Per effettuare la diagnosi precoce può essere utile l’Animal test naming, “test che noi della Sapienza abbiamo sviluppato e pubblicato nel 2017 – spiega Riggio – E’ semplice: il paziente deve nominare tutti gli animali che ricorda in un minuto, se non lo fa o ne ricorda meno di 10 è sicuramente affetto da encefalopatia. Un esame – avverte Riggio – che potrebbe utilizzare anche un medico di medicina generale se sospetta che un suo paziente possa essere in sofferenza o è già cirrotico”.
La gestione terapeutica dell’encefalopatia epatica deve essere adeguata alla severità delle manifestazioni cliniche. “Oggi i trattamenti – spiega il docente – sono basati sostanzialmente su due farmaci: i disaccaridi non assorbibili (il principale è il lattulosio) e poi ci sono gli antibiotici, il principale è rifaximina. In casi di recidiva molto spiccata, il trattamento è l’associazione tra questi due farmaci”.
Per avere un quadro della situazione sempre aggiornato, le università romane Sapienza e Cattolica partiranno a breve “con un registro dei cirrotici ricoverati in reparto con encefalopatia epatica. In questo modo riusciremo ad avere un quadro epidemiologico aggiornato e di grande rilievo”, annuncia Riggio, che spiega infine che sebbene per guarire dall’encefalopatia si possa solo ricorrere al trapianto di fegato, occorre mettere in atto tutte le condizioni per cercare di prevenire, piuttosto, tutti quegli eventi che scatenano l’encefalopatia epatica, quindi intercettare i segnali ‘spia’ e migliorare l’educazione del paziente e il coinvolgimento attivo della famiglia “che vive come uno ‘tsunami’ la comparsa dell’encefalopatia”.
In collaborazione con AdnKronos