Zane Robertson, primatista neozelandese di maratona nonché due volte finalista olimpico, è stato squalificato per doping. Aveva tentato di scagionarsi affermando che l’EPO era alla base della cura contro il coronavirus, somministrata per sbaglio al posto del vaccino.
Potrà rientrare solo nel 2030. La squalifica riguarda non solo la sua attività agonistica ma anche un eventuale interesse a allenare gli atleti.
Corridore neozelandese delle lunghe distanze, Zane Robertson è stato squalificato per otto anni dopo essere risultato positivo a un controllo antidoping. Il fondista, che ha preso parte per ben due volte alle Olimpiadi gareggiando nell’edizione di Tokyo 2021 e a Rio de Janeiro 2016 dove nei 10.000 metri arrivò 12esimo, aveva sostenuto che un medico gli avesse erroneamente iniettato l’EPO al posto del vaccino contro il Covid-19.
La notizia della squalifica è stata comunicata oggi dal tribunale sportivo della Nuova Zelanda. La versione della storia raccontata dall’atleta non ha convinto i giudici. Robertson, 33 anni, è molto noto in patria essendo il primatista nazionale della maratona, della mezza maratona e anche dei 10 chilometri su strada, nonché bronzo ai Giochi del Commonwealth nel 2014.
A maggio scorso era stato sottoposto a un test antidoping dopo una gara svolta a Manchester, in Inghilterra. L’esito era stato una positività riscontrata alla sostanza dell’eritropoietina, più comunemente nota come EPO. Si tratta di un ormone che il corpo produce spontaneamente nei reni e che controlla la produzione dei globuli rossi. Non di rado è usato come sostanza dopante perché aumenta la quantità di ossigeno nei muscoli, migliorando così la resistenza degli atleti.
In risposta alla positività al maratoneta era stata inflitta una prima sospensione per quattro anni. Successivamente il Tribunale lo ha squalificato per ulteriori quattro anni perché Robertson avrebbe “cercato di sovvertire il processo di controllo antidoping”.
L’uomo ha cercato di difendersi sostenendo di essersi recato in una struttura sanitaria in Kenya, sede dei suoi allenamenti, per ricevere il vaccino contro il Covid-19. Tuttavia al posto di quest’ultimo ha affermato di essere invece stato sottoposto al trattamento per curare il virus, somministrazione che conteneva la sostanza dopante. Per cercare di scagionarsi, inoltre, lo sportivo ha raccontato di aver esplicitamente detto al medico curante di essere un atleta e che quindi non poteva assolutamente assumere medicinali indicati come vietati per via della sua carriera nell’attività agonistica.
Robertson, per rafforzare ulteriormente la sua difesa, ha poi fornito due dichiarazioni giurate di due medici keniani. Il racconto ha però iniziato a vacillare quando il vicepresidente della clinica ha detto agli investigatori dell’antidoping impegnati sul caso, che all’atleta “non era stato somministrato l’EPO e che lui non ha frequentato la struttura in quella data”. Inoltre uno dei due medici della dichiarazione giurata non risultava lavorare lì, mentre l’altro era un tecnico di laboratorio.
La segretaria generale del comitato olimpico neozelandese, Nicki Nicol, ha condannato ogni forma di doping e anche le azioni di Robertson che hanno “minato l’integrità dello sport”.
La squalifica durerà fino al 2030, anche se il fondista neozelandese si era ritirato dalle competizioni di alto livello già a febbraio. Il risultato della gara di maggio è stato invalidato e non potrà nemmeno allenare.
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