Il presidente della Turchia, Erdogan, ha deciso di rispondere all’attentato di Istanbul del 13 novembre con diversi raid aerei nel nord della Siria e dell’Iraq. Sulle sue reali intenzioni, però, sono emersi dubbi e anche sull’attentato qualcosa non convince.
Istanbul è stato sorpresa una domenica pomeriggio nelle vie del centro da un’esplosione causata da una borsa bomba lasciata su una panchina. In quel momento, in uno dei quartieri dello shopping più in della città, si trovavano moltissime persone. L’attacco terroristico ha provocato sei morti e 18 feriti e riacceso un conflitto che sembrava leggermente scemato.
Le autorità turche hanno immediatamente avviato le indagini e messo al vaglio ogni telecamera presente nella zona, traendo immediatamente particolari utili all’individuazione di chi ha piazzato la bomba. Dopo aver appurato il coinvolgimento del Partito dei Lavoratori del Kurdistan, il Pkk, Erdogan ha annunciato pubblicamente che l’atto terroristico non sarebbe rimasto impunito. Successivamente il capo di Stato ha deciso in autonomia di rispondere tramite un’offensiva aerea contro il nord della Siria e dell’Iraq. La finalità è stata colpire basi strategiche dei gruppi ribelli e terroristici e scalfire l’organizzazione che ha colpito la popolazione turca.
La reazione del capo di Stato turco, appena appresa la notizia dell’attentato a Istanbul del 13 novembre, è stata quella di avviare prontamente sopralluoghi e indagini serrate che, nel giro di pochissime ore, hanno portato gli inquirenti a capire chi avesse piazzato la bomba. Le immagini svelate dalle telecamere di sicurezza della zona hanno mostrato chiaramente una donna seduta su una panchina per circa 40 minuti che ha, poi, lasciato la borsa su di essa e si è allontanata in maniera molto veloce. Dopo un poco più di un minuto è avvenuta l’esplosione.
La polizia turca ha diffuso poi un video nel quale i militari facevano irruzione in un appartamento, dove era stata individuata la donna ritenuta responsabile. Dopo essere stata prelevata, è stata sottoposta a un serrato interrogatorio. È emerso che si tratta di una donna di nazionalità siriana ma di ideologia curda e che è entrata illegalmente nel paese. Ha inoltre confessato di essere stata istruita dal Pkk prima di compiere il gesto terroristico.
La donna è stata inaspettatamente trovata in un lasso di tempo brevissimo e la sua confessione è arrivata praticamente nell’arco di 24 ore. Lo stesso Erdogan ha poi rivolto le proprie condoglianze alle famiglie colpite da questo atto terroristico e ha precisato che non avrebbe lasciato impunita un’azione così crudele contro il popolo turco.
Nonostante la confessione dell’attentatrice, il Pkk ha rilasciato una dichiarazione tramite il proprio portavoce sui social dove ha negato ogni coinvolgimento con Istanbul dichiarandosi estranei ai fatti.
In merito a questo episodio, che è costato la vita a sei persone, ma ha anche riacceso un conflitto pericoloso sono sorte molte domande e anche molti dubbi.
Le dinamiche che sono emerse dopo l’attentato ad Istanbul del 13 novembre hanno destato dubbi in merito a ciò che è avvenuto. Gli esperti di politica e di relazioni internazionali hanno analizzato quello che è successo nelle 24 ore successive alla bomba esplosiva e in merito all’attentatrice sorgono molti dubbi. Le autorità hanno dichiarato che la donna preparava l’attacco da tempo e che si era preparata a scappare. Ma dopo aver compiuto un atto terroristico è tornata tranquillamente nella sua abitazione. Non ha cercato riparo e nemmeno un luogo per nascondersi e questo è un particolare che è da tenere sicuramente in considerazione.
Ma sulla stessa donna ora sono emerse indiscrezioni che vedrebbero la sua persona vicina a fidati collaboratori di Erdogan.
Francesco Strazzari, politologo e professore di relazioni internazionali presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa ha spiegato a Il Fatto Quotidiano che “sono emersi diversi particolari che mettono in discussione quanto affermato meno di 24 ore dopo l’esplosione dal ministro dell’Interno Soylu, a partire dal fatto che la responsabile sarebbe una siriana militante per un gruppo curdo che pianificava da tempo l’attacco e che dopo averlo compiuto è tranquillamente tornata a casa”.
Ma c’è anche un altro particolare che il presunto coinvolgimento del partito dell’unione democratica Pyd che non ha mai prima d’ora attaccato la Turchia, ovvero non c’è stata nessuna rivendicazione dell’esplosione da parte del gruppo. La stampa turca riporta inoltre che la donna in questione sarebbe stata intercettata in conversazioni con un deputato stretto alleato nipote di Erdogan.
Un altro particolare che, seppur apparentemente insignificante, porterebbe il pensiero di chi sta analizzando i fatti a pensare che si tratti di qualcosa di costruito. Il fatto che la attentatrice indossasse una felpa con la scritta New York che rappresenterebbe, come è stato insinuato, un possibile legame con gli Stati Uniti sembra appositamente studiato per creare un legame con il Pkk che, nel corso degli anni, è stato spalleggiato dagli Usa.
Sempre secondo Strazzari, questa situazione gioverebbe enormemente alla situazione politica di Erdogan, in quanto da un lato porterebbe dalla sua parte voti utili per le elezioni e per questo ha giocato la carta della lotta al terrorismo. Stessa cosa per l’impegno preso personalmente nel mediare all’ interno del conflitto Russia Ucraina. La cosa essenziale è che tutto quello che è avvenuto legittima Erdogan ad avviare l’operazione militare contro le zone curde. Precisando di aver individuato basi organizzative dei responsabili e ha avvisato la contromossa senza rendere conto alle autorità internazionali.
La Turchia rivendica il diritto di non dover chiedere il consenso e l’attrito e le tensioni con il Kurdistan e soprattutto contro le zone che si auto governano sono note da tempo.
Una dimostrazione voluta da Erdogan per mostrare autonomia. Ma il fatto che la Turchia non abbia ha avuto consultazioni con la Russia e con gli USA prima di avviare l’attacco nel nord della Siria e dell’Iraq. Erdogan si è appellato all’articolo 51 della Carta delle Nazioni unite che autorizza un paese a difendersi in caso di attacco. Ha dichiarato di aver colpito obiettivi ritenute basi delle organizzazioni terroristiche.
Si tratterebbe però soltanto di azioni mirate a ottenere il consenso e poter vincere nuovamente le elezioni mantenendo così il potere. Il Pkk e il Pyg danno una versione differente della storia e sono già stati avviati i negoziati con gli USA per interrompere forniture F 16 ma dopo questi avvenimenti l’incertezza si è fatta sentire sia fra i dem che fra i repubblicani. Una dinamica che è stata innescata dall’attentato di Istanbul e che ha sfaccettature differenti ma va a colpire sia a livello socio politico che a livello economico e rischia di diventare un gioco davvero pericoloso non soltanto per i paesi protagonisti di queste vicende ma per tutti ma a livello internazionale.
Il presidente turco ha affermato nelle scorse ore: “Se Dio vuole, presto li sradicheremo con i nostro carri armati, la nostra artiglieria e i nostri soldati“, ha detto riferendosi ai militanti curdi nel nord della Siria e dell’Iraq. Ha concluso poi: “Sappiamo molto bene chi arma e incoraggia i terroristi”.
Se le intenzioni erano quelle di poter sferrare un attacco pianificato da tempo è riuscito nel suo intento. La zona definita cuscinetto sembra essere la mira finale e che gioverebbe all’ immagine di Erdogan. Potrebbe essere utile anche per ricollocare migliaia di rifugiati che stanno sollevando polemiche in ambito politico.
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