I detenuti condannati all’ergastolo sono aumentati negli ultimi 20 anni. In Italia sono in 1.280 i condannati all’ergastolo ostativo.
Più volte l’Italia è stata condannata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo per l’applicazione di questo regime, giudicato in violazione dei diritti fondamentali.
Dopo l’arresto del boss mafioso di Cosa Nostra Matteo Messina Denaro, finito al 41 bis dopo una latitanza durata ben 30 anni, è tornato alle cronache il tema spinoso e complesso dell’ergastolo ostativo. Vediamo allora che cosa prevede la pena, analizzandola in relazione al contesto italiano in cui viene applicata.
Innanzitutto vale la pena ricordare che “il padrino” Messina Denaro non solo dovrà scontare una condanna a vita come l’ergastolo ostativo, ma è anche sottoposto a un regime detentivo di carcere duro. Le due cose, infatti, non sono sinonimi. Nell’ordinamento penitenziario italiano l’ergastolo ostativo si trova all’articolo 4 bis mentre il carcere duro al 41 bis.
Al primo sono condannati coloro i quali sono stati ritenuti responsabili di delitti gravissimi legati ad esempio alla criminalità organizzata, terroristica o eversiva. Questi ergastolani non usciranno mai dal carcere, moriranno dietro le sbarre, perché condannati a quello che viene altrimenti definito “fine pena mai”. Vale a dire che non hanno diritto a permessi premio o benefici penitenziari che invece sono concessi a chi sconta altre tipologie di pena. L’unico modo per poterne beneficiare è quello di pentirsi e collaborare con la giustizia.
L’ergastolo ostativo è strettamente legato alla storia sociale e politica dell’Italia. La sua introduzione negli anni Novanta – ergo non esiste da sempre – è stata infatti dovuta al periodo stragista. A causa delle stragi di mafia, l’ordinamento ha reagito introducendo una sorta di anticorpo. Per cui senza pentimento, questi detenuti non potranno mai accedere a misure alternative alla detenzione come la libertà condizionale, i lavori esterni, la semilibertà e così via.
Mentre il 41 bis, destinato a mafiosi e terroristi, prevede un regime di detenzione più duro del solito. Vale a dire che i detenuti, in virtù della loro pericolosità e influenza dentro e fuori dal carcere, sono condannati a scontare la pena in totale isolamento.
Secondo un’inchiesta condotta dal quotidiano La Stampa, nelle prigioni italiane a marzo 2022, secondo i dati aggiornati a questo periodo, si trovano circa 1.822 detenuti condannati all’ergastolo. Di questi, il 70% pari a 1.280 sono ergastolani sottoposti al regime ostativo mentre gli altri saranno rilasciati dopo 30 anni. I detenuti del fine pena mai si trovano per lo più in Lombardia, Abruzzo, Sardegna, Piemonte e Emilia Romagna. Dal 2001 al 2020 sono 111 quelli morti in carcere per vecchiaia. In venti anni gli ergastolani sono aumentati da 2.8% al 5% sul totale dei detenuti.
La Corte europea dei diritti dell’uomo, che ha sede a Strasburgo, ha condannato più volte l’Italia per l’applicazione dell’ergastolo ostativo e anche del regime di carcere duro. La condanna a scontare una pena che non prevede la fine è stata infatti giudicata contraria ai diritti umani. La reclusione dovrebbe infatti servire a rieducare il detenuto, per poi poterlo reinserire in società, cosa che invece non può accadere con l’ostativo. Anche la Corte costituzionale italiana, in due sentenze del 2019 e 2021, ha stabilito che la concessione di benefici ai detenuti ergastolani va valutata caso per caso e che il criterio di mancata collaborazione, alla base della negazione dei permessi, è troppo rigido.
Insomma il tema è delicato e ognuno ha la sua idea a riguardo, compresi i familiari delle vittime uccise da chi si trova ora sottoposto a questo regime. Papa Francesco ha definito l’ergastolo “una pena di morte nascosta”.
Una revisione degli articoli 4 e 41 bis è possibile, soprattutto se dovessero essere giudicati incostituzionali. Tuttavia i governi difficilmente se ne vorranno assumere l’onere visto che il tema è divisivo e comprensibilmente anche molto impopolare.
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