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Ermal Meta è uno degli 8 cantanti in gara nella categoria Giovani del Festival di Sanremo 2016 con la canzone Odio le favole. Chi segue Meta, però, sa che di ‘giovane’, professionalmente parlando, ha ben poco. Dopo gli esordi – e la prima esperienza all’Ariston nel 2010 – come frontman de La Fame di Camilla, da anni è un affermato autore: Marco Mengoni, Emma, Chiara, Francesca Michielin, Francesco Renga, Patty Pravo, sono solo alcuni dei cantanti per cui ha scritto. NanoPress ha intervistato Ermal Meta pochi giorni prima del debutto sanremese.
Ermal, torni a Sanremo, ma stavolta da solo. Come ti stai preparando?
Sto facendo mille cose diverse, è il modo migliore per concentrarsi perché quando hai troppo tempo per pensare si tende ad andare in sovraccarico di pensieri, credo sia una cosa normale. Continuo a scrivere, sto registrando dei pezzi nuovi.
Come cambia l’approccio al Festival da autore a interprete?
Sono due cose diverse perché nel primo caso sul palco ci va un’altra persona, lo fa attraverso le tue parole e la tua musica. L’approccio creativo, in realtà, non cambia perché se scrivo un pezzo non penso mai per chi è quel pezzo, penso semplicemente a scrivere una bella canzone.
La collaborazione nasce successivamente?
Dipende, magari prima ci si incontra, ci si parla. Sono amico di tutte le persone con cui ho collaborato e sicuramente la collaborazione nasce anche da motivazioni umane. E’ difficile andar d’accordo se non ci si trova bene, è come fare l’amore con qualcuno che ti sta antipatico, come fai?
Meglio scrivere per gli altri o per sé?
Non c’è differenza. Scrivere è il momento creativo ed è personale, una magia; quello che avviene dopo è un’altra storia.
Hai firmato alcuni dei più grandi successi italiani: Sanremo 2016 è la tua grande occasione?
Non lo so. Ogni occasione può essere grande o piccola a seconda di come va. E’ sicuramente una bella opportunità e voglio ringraziare Carlo Conti e la commissione per avermi scelto. L’opportunità è questa: credere in qualcuno. Andare su quel palco è comunque una possibilità, però, secondo me, la vera opportunità arriva prima, quando qualcuno crede in te, quello è importante.
A proposito di colleghi artisti, un parere da addetto ai lavori. In che stato di salute si trova la musica italiana?
La musica italiana sta passando un momento molto difficile, su questo bisogna essere onesti. Sicuramente il 2015 è andato meglio del 2014, ma la gente dovrebbe essere più affezionata alla musica italiana, bisognerebbe proteggere la nostra cultura. Per fare questo servirebbe anche un aiuto dallo Stato, mi viene in mente la Francia: in Francia il 70% della musica che passa in radio per legge deve essere francese o prodotta in Francia; in questo modo si aiuta la musica e si aiutano le nuove generazioni a pensare che non tutto quello che arriva dall’estero è oro colato e che, soprattutto, non sempre dobbiamo guardare all’estero perché ricordiamoci che nella prima edizione dei Grammy Awards ha vinto Domenico Modugno. Voglio dire, perché non pensare alla musica italiana in grande? Bisogna pensare in grande e per pensare in grande bisogna anche agire in grande, creare le opportunità. Le persone dovrebbero andare di più ai concerti, comprare più dischi di musica italiana. Un disco su iTunes costa 9.99 euro, non è difficile comprarlo, forse per qualcuno, ma nel momento in cui è così facile spendere 10 euro per un cocktail, probabilmente 10 euro per un disco sono spesi meglio.
Cosa pensi della musica a Sanremo che passa attraverso i talent?
I talent per me sono soltanto dei contenitori. All’interno di un contenitore ci puoi passare tutto quello che vuoi: se all’interno del contenitore metti qualità, resta di qualità e infatti chi è di qualità riesce ad emergere. Faccio un esempio: non è detto che lo champagne vada bevuto nel calice di cristallo, nel momento in cui lo versi in una tazzina resta comunque champagne, quello che cambia è il contenitore. I talent sono un contenitore come tanti altri, non c’è bisogno di accanirsi perché sotto il cielo c’è spazio per tutti. Se qualcuno vale e ha una energia di un certo tipo, un talento, alla fine emerge.
Sanremo è un carrozzone: cosa vorresti lasciare di te in questa edizione?
Vorrei prendere tutta l’energia che sto respirando, l’opportunità, il piacere di suonare in un’orchestra pazzesca, la professionalità di tutti quelli che ci lavorano. Vorrei lasciare, invece, il raffreddore che ho in questi giorni!
Hai ricevuto qualche in bocca al lupo particolare da parte dei tuoi colleghi?
Sono stati tutti molto carini Marco Mengoni, Emma, Francesco Renga; anche Lorenzo Fragola mi ha fatto l’in bocca al lupo. A me piace sempre diventare amico delle persone con cui collaboro perché la musica è un territorio molto spirituale. Con Marco (Mengoni, ndr) e Lorenzo (Fragola, ndr) ci siamo visti più volte per farci una birra che per scrivere perché nasce tutto così: è un territorio comune, come giocare a calcetto.