Si dice genitore medusa ed è questo il nome per un determinato tipo di genitorialità, che ha poco a che fare con rigide regole e molto invece con la sperimentazione, la flessibilità, la scoperta.
Un genitore medusa è praticamente l’opposto di un genitore tigre. Con quest’ultimo termine si indica una madre oppure un padre estremamente duro, che segue quindi regole prestabilite che lasciano poco spazio all’improvvisazione e che non ha alcuna intenzione di rompere i suoi schemi. Il genitore medusa è praticamente il suo opposto: ecco cosa significa esattamente esserlo.
Essere un genitore medusa – dall’inglese Jellyfish Parenting – potrebbe essere la svolta per trasformare una società piena di dogmi, di leggi non scritte e di regole tramandate da generazione in generazione ormai insite in ognuno dei partecipanti in una più “leggera” (non superficiale, attenzione), aperta, libera da tutti i punti di vista, in cui ogni partecipante può esprimersi al 100%, può mettere in campo le sue abilità, trovare la sua strada.
Ma cosa significa esattamente essere un genitore medusa? Ne ha parlato per la prima volta Rachel Bowie in un articolo scritto su PureWow. L’autrice ha raccontato di un episodio che le è accaduto mentre accompagnava suo figlio alla sua lezione di danza classica: un’altra madre era intenta a programmare minuto per minuto la vita del figlio, a cadenzare attimo per attimo, come se in pratica la loro routine dovesse seguire uno schema predefinito. Quella per la redattrice è la tipica mamma tigre, quella cioè che deve decidere al posto dei suoi bambini e non insieme a loro, che deve seguire regole che non ammettono eccezioni, che mette da parte la spensieratezza in favore della rigidità. “Aspiro ad essere l’opposto: un genitore medusa”: con questa affermazione la Bowie ha introdotto questo concetto.
Ovviamente il termine deriva dalla struttura fisica dell’animale (che è conosciuto soprattutto per i suoi tentacoli velenosi in realtà, ma non è di questo che vogliamo parlare), morbida, sinuosa, flessibile.
In sostanza l’autrice parla di quanto in effetti spesso quando si hanno figli piccoli sia difficile incastrare tutto – spesso alcuni hanno tante passioni e velleità e quindi assecondarle tutto può essere complesso – eppure sia necessario farlo sempre condendo il tutto con la giusta dose di divertimento. Un bambino di 3, 5, 9 anni deve essere capace di sperimentare tutto e di saperlo fare sempre con il sorriso e con l’entusiasmo proprio della sua età, che dovrebbe riversare sempre nella scoperta. Un genitore, però, al contempo, dovrebbe essere capace di apportare la sua personale aggiunta di gioia a tutto questo, di accompagnare letteralmente il figlio nella scoperta di sé stesso, di assecondare le sue passioni.
Essere un genitore medusa in pratica significa essere sempre aperti verso i figli, saper accogliere tutti i loro bisogni, dialogare sempre con loro. Vuol dire non dover sentire l’esigenza di incasellare tutto in rigide categorie, sapersi confrontare con i bambini, dando loro dei consigli, guidandoli, ma lasciando loro libera scelta e permettendo loro anche di sbagliare, di cambiare idea, di sperimentare.
Come si legge sempre sull’articolo scritto su PureWow, Kristene Geering, direttrice dell’istruzione presso Parent Lab, ha evidenziato che “sebbene sia interessante e divertente, i bambini non hanno davvero bisogno di lezioni di violino/nuoto/arti marziali”, dice. “I genitori spesso comprendono le basi come cibo, riparo e sicurezza fisica, ma perdono qualcosa che è altrettanto importante: la sicurezza emotiva”. I genitori in pratica dovrebbero accantonare la frenesia della routine e guardare i figli esattamente per quello che sono, con i loro gusti, le loro antipatie, le loro stranezze.
La Geering ha infatti anche aggiunto: “Una solida base con un genitore, ovvero un bambino che si sente veramente visto, aiuta i bambini a regolare le proprie emozioni più facilmente. (…) Investire denaro in attività può essere prezioso e arricchire la vita dei nostri figli, ma se ciò va a scapito della nostra relazione, stiamo preparando loro e noi stessi a un dolore inutile”. Tutto quindi deve portare a una sola direzione: fare sì che genitori e figli possano arrivare alla fine della giornata soddisfatti di quello che hanno fatto.
Inoltre, stando alle parole della psicologa e psicanalista Elena Benvenuti: ”Partirei dal ricordare che l’essere umano per crescere ha bisogno di contenitori capaci di dare e definire dei limiti, specie quando si è nella primissima fase di vita. I genitori possono essere definiti contenitori perché sono coloro che dettano le regole, in modo più o meno autoritario, ma sono anche le persone che sanno contenere le emozioni del figlio nei suoi momenti di incertezza e difficoltà”. Un genitore, quindi, deve essere capace di accompagnare il figlio verso la scoperta non solo del mondo, ma anche della sua profondità, delle sue emozioni, delle sue ambizioni. Deve accettare che anche i bambini possono avere momenti no, così come deve accettare le inclinazioni naturali del figlio, che potrebbero anche cambiare nel tempo. Del resto fare esperienze di tutti i tipi permette ai figli di rendersi conto concretamente delle proprie capacità e questo non può far altro che giovare a loro stessi.
Una cosa però deve essere chiara: essere genitori medusa non significa affatto non essere un sostegno reale per i figli, anzi, è proprio il contrario. Elimina solo l’eccessiva rigidità di questo ruolo, l’autoritarietà di madri e padri che spesso non fa altro che intimorire i figli e non permette loro di potersi esprimere liberamente al 100%, gli schemi da seguire ogni giorno. Insomma dà ai bambini la possibilità anche di sbagliare, ma di farlo con la sola e unica finalità di trovare la loro vera collocazione in questo mondo. Del resto in effetti la personalità di ogni individuo inizia fin dalla tenera età, che è tenera anche perché è priva di troppi obblighi, responsabilità ed è invece ricca di voglia di fare, di entusiasmo irrefrenabile. Ecco, è proprio questo che dovrebbe essere coltivato al punto da poter diventare la spinta giusta per conoscere il mondo e trovare la propria collocazione al suo interno.
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