Una storia che sembrava assurda ma che, invece, si è rivelata veritiera. Lavoratori che, dalla loro busta paga, erano costretti a restituire una percentuale al proprio datore. La vicenda è accaduta in provincia di Lecce.
Non solo i dipendenti, ma anche le guardie giurate erano costrette a restituire parte dell’importo. Poi è arrivata la denuncia e, anche, la condanna del titolare.
Estorsione sul posto di lavoro
Lui pagava loro lo stipendio ma pretendeva il ritorno indietro di una percentuale su ciò che aveva versato loro. Sembra una storia assurda ma, in realtà, è successa in provincia di Lecce. Un imprenditore di Casarano di 72 anni si faceva restituire una percentuale sull’importo versato nella busta paga dei suoi dipendenti.
Ora è stato condannato, in primo grado, a quattro anni e sei mesi di reclusione e, anche, al risarcimento dei danni. Ma andiamo con ordine.
Il 72enne è titolare di un istituto di vigilanza. Fra le accuse che gli sono state mosse, oltre a quella di estorsione, vi è anche quella di aver posto, come sorveglianza a beni mobili ed immobili, cinque guardie giurate che non avevano decreto prefettizio previsto dalla legge. Questo reato si è avuto e consumato fra il 2017 ed il 2018, ma c’è dell’altro.
L’accusa di estorsione nei confronti di altri suoi 4 dipendenti. Sotto minaccia di licenziamento, due dipendenti erano stati costretti a tornare indietro al datore stesso, mensilmente, un importo dalla loro stessa busta paga, pari a 900€ complessivi. Uno dei primi lavoratori a subire questo trattamento, nel 2016, era stato costretto a restituire denaro fino a 350€ al mese, sempre dalla sua busta paga.
Sempre lo stesso dipendente, ma in un periodo compreso fra la fine del 2016 e l’inizio del 2018, anche in questo caso sotto la minaccia del licenziamento, era stato costretto ad accettare una retribuzione inferiore rispetto a quanto doveva rispetto alle sue effettive ore lavorative.
Le minacce ai dipendenti se non gli restituivano parte di ciò che era nella busta paga
Dal canto suo, l’imprenditore aveva anche posto una giustificazione, ovvero quella che per far quadrare i conti, al dipendente avrebbe fatto risultare il numero di ore lavorative inferiore rispetto a quelle che lui stesso faceva.
Il secondo dipendente, invece, è stato costretto a restituire “il di più” in un periodo compreso fra maggio 2016 e dicembre 2017. Non è andata bene all’imprenditore con un terzo lavoratore: anche a lui aveva chiesto il ritorno indietro di ciò che, a detta del titolare, era stato versato in più al dipendente. Ma questi, anche dietro richieste di vario tipo e pressioni, non ha ceduto.
Al quarto ed ultimo lavoratore, invece, il titolare aveva costretto a far mansioni che non erano di sua competenza per due giorni a settimana, ovviamente (per quest’ultimo caso) senza alcun tipo di retribuzione aggiuntiva.
Per tutte queste motivazioni, il titolare è finito a processo e, stando alla sentenza emessa ieri, è stato condannato a quattro anni e sei mesi di reclusione e al pagamento di una multa di 1.500 euro e delle spese processuali. Ai tre dipendenti vittima di estorsione, è stato effettuato un pagamento 4000€ ciascuno. Mentre al dipendente che è riuscito a non cadere nel tranello, di 1000€.