Presadiretta, nella puntata del 22 febbraio, ha condotto un’inchiesta sulle intenzioni del Governo di raddoppiare l’estrazione di gas e petrolio, che, secondo ciò che è stato dichiarato, avrebbe come obiettivo quello di creare ricchezza e nuovi posti di lavoro. Quali sono le reazioni di fronte a una tale politica? Quale impatto avranno le nuove norme sui territori e sull’economia? L’inchiesta di Rai 3 ha puntato su queste domande, dando un racconto dettagliato sul nuovo piano energetico del Paese, che sembra puntare soprattutto sugli idrocarburi.
Lo Sblocca Italia
Lo Sblocca Italia prevede delle norme che riguardano la possibilità di rendere più facili e più veloci i percorsi per ottenere le autorizzazioni alle trivellazioni. Soprattutto i territori della Basilicata e della Sicilia sono considerati delle grandi riserve di idrocarburi. Secondo lo Sblocca Italia, il volume di estrazioni in entrambe le zone dovrebbe raddoppiare. Già con le attività in corso ci sarebbero molti problemi che riguardano la tutela della salute pubblica e il rispetto per l’ambiente. In Sicilia le trivellazioni saranno concentrate soprattutto sul Canale, in un tratto di mare che ospita paesaggi rientranti ben presto anche nel patrimonio naturale dell’Unesco. In questo senso i pericoli sono molti ed ecco perché molti scienziati si sono rivolti direttamente al Governo Renzi, affinché venga rivista la politica energetica italiana. Il Premier resta della sua idea, perché, secondo lui, è una contraddizione vera e propria andare a parlare di energia e ambiente in Europa, se non si sfruttano le risorse che si hanno sui territori italiani. L’esecutivo conta di poter raddoppiare la percentuale del petrolio e del gas estratti in Italia e dare lavoro a 40.000 persone. A questo proposito il Premier Renzi ha detto: “E’ impossibile andare a parlare di energia e ambiente in Europa se nel frattempo non sfrutti l’energia e l’ambiente che hai in Sicilia e in Basilicata. Io mi vergogno di andare a parlare delle interconnessioni tra Francia e Spagna, dell’accordo Gazprom o di South Stream, quando potrei raddoppiare la percentuale del petrolio e del gas in Italia e dare lavoro a 40 mila persone e non lo si fa per paura delle reazioni di tre, quattro comitatini“.
Il caso Ombrina Mare in Abruzzo
Scoppia la polemica dopo il via libera alle trivellazioni ad Ombrina Mare in Abruzzo: il discusso progetto ha ricevuto il parere positivo della Commissione di valutazione impatto, seppure con prescrizioni legate all’impatto atmosferico, e a dispetto delle promesse del governo Renzi e del Pd, sostengono le associazioni ambientaliste, si attenta al mare e alle coste abruzzesi dando l’ok ‘all’arrivo della piattaforma della Rockhopper per 24 anni con la sua mega-nave raffineria, davanti alla Costa chietina che dovrebbe essere protetta dal parco nazionale istituito dal Parlamento nel 2001 e non ancora perimetrato‘, dichiara in una nota il Forum Abruzzese dei Movimenti dell’Acqua. In testa alla battaglia parlamentare per salvare Ombrina Mare dalle trivellazioni vi è il Movimento 5 Stelle, secondo cui ‘servirebbe una modifica legislativa, che abbiamo proposto più volte in Parlamento ricevendo come risposta continue bocciature proprio dal Pd. Legnini, D’Alfonso, Pezzopane e tutti i rappresentanti abruzzesi del Pd stanno prendendo in giro l’Abruzzo da anni e saranno gli unici responsabili dell’ormai quasi certa approvazione di Ombrina. Dovrebbero dimettersi immediatamente se avessero un minimo di dignità‘, mentre il presidente della Commissione Vigilanza in Consiglio regionale d’Abruzzo Mauro Febbo, quota Forza Italia, sostiene che ‘non ha più senso portare avanti il progetto del Parco della Costa Teatina‘ se prevarrà il sì al progetto. E mentre in campagna elettorale, alla vigilia delle Regionali, il Partito Democratico dichiara il suo No alle trivelle, nei fatti si verificano casi come quelli di Ombrina Mare, indizio di una deriva petrolifera assai pericolosa per le coste della nostra penisola.
I dati
Come si vede nell’inchiesta di Presadiretta, in Basilicata, fino al 31 dicembre 2014, erano presenti 10 permessi di ricerca, coinvolgendo un totale di 1.357,61 chilometri quadrati e 26 Comuni. Adesso i Comuni della Basilicata ad essere interessati dalle trivellazioni sono 93 e il territorio coinvolto è di gran lunga superiore, arrivando a 2.685,81 chilometri quadrati. Ben più grave è il fatto che 33 dei Comuni della Basilicata interessati dalla ricerca degli idrocarburi ricadono nell’area di parchi naturali. In Sicilia lo stesso governatore Rosario Crocetta non sembra essere consapevole dell’emergenza. Eppure era stato proprio Crocetta a firmare un appello di Greenpeace nel 2012, quando era candidato alla Regione, mettendosi nella posizione di essere d’accordo sul fatto che le trivellazioni rappresentassero una minaccia per la biodiversità del Canale di Sicilia. Diventato Presidente regionale, ha firmato un protocollo d’intesa tra la Regione e Assomineraria, Eni, Edison e Irminio per lo sfruttamento dei giacimenti di gas e petrolio proprio nel Canale di Sicilia. Dopo l’inchiesta di Rai 3, Eni si dichiara estranea a molti dei fatti di cui si parla nella puntata.
Le reazioni
Secondo gli scienziati Armaroli e Balzani, la politica energetica italiana è ferma agli anni ’50. Hanno detto chiaramente che non è il futuro, ma tutto ciò significa rimasticare il passato. Armaroli e Balzani hanno scritto una lettera al Governo, affermando: “L’Italia non ha carbone, ha pochissimo petrolio e gas, non ha uranio, ma ha tanto sole e le tecnologie solari altro non sono che industria manifatturiera, un settore dove il nostro Paese è sempre stato all’avanguardia. Sviluppando le energie rinnovabili e le tecnologie ad esse collegate il nostro Paese ha un’occasione straordinaria per trarre vantaggi in termini economici (sviluppo occupazionale) e ambientali dalla transizione energetica in atto”.
Presadiretta ha fatto notare che le previsioni sono di 250 milioni di euro all’anno per la Basilicata, ma allo stesso tempo nell’inchiesta ci si è domandati quanto vale il patrimonio naturale della Regione. Molto dura la reazione di Legambiente Basilicata proprio sull’approvazione delle norme dello Sblocca Italia. Secondo i rappresentanti della nota associazione ambientalista, lo Sblocca Italia “trasformerebbe l’Italia e in particolare la Basilicata in una colonia per le trivelle”.
L’intervento di Greenpeace
Greenpeace aveva colto l’emergenza della situazione e la conseguenza a cui si poteva arrivare attraverso lo Sblocca Italia. Per questo qualche mese fa, durante la votazione della fiducia sul decreto, è stato esposto alla Camera dei Deputati uno striscione con la scritta “Sblocca Italia, per dirlo a tutti: no trivelle, sì rinnovabili”. Greenpeace in particolare ha condotto due studi, che dimostrano il grande valore ambientale del Canale di Sicilia. Uno è stato fatto durante l’estate del 2009 e l’altro nell’estate del 2012, in collaborazione con l’ISPRA. Proprio questa ricerca ha permesso di raccogliere una grande documentazione fotografica e diverse informazioni su degli habitat considerati unici nel loro genere.
Foto di LHOON
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