Preoccupano le stime Eurostat riguardo alla condizione di povertà dei giovani in Italia, che sono risultati essere uno su quattro.
Una volta la nostra nazione era definita come Belpaese ma oggi si posiziona quasi agli ultimi posti se guardiamo alla situazione delle nuove generazioni.
L’Eurostat è l’Ufficio delle statistiche gestito direttamente dall’Unione Europea, che raccoglie dati provenienti dagli Stati membri per formulare delle analisi. Molto grave quella emersa ultimamente sulle condizioni di vita delle nuove generazioni e il nostro Paese non è decisamente il luogo migliore.
Si è posizionato infatti al quinto posto partendo dal basso, questo vuol dire che i nostri giovani sono a rischio povertà molto più che in altri Paesi europei. Secondo i dati emersi, un giovane italiano su quattro, prendendo in considerazione la fascia d’età che va dai 15 ai 29 anni, è a rischio povertà e ha uno stile di vita molto complicato.
Si tratta di un dato molto allarmante che corrisponde al 25% della popolazione giovanile italiana. Le ultime statistiche in realtà sono aggiornale solamente alla fine del 2021 e quindi questi numeri potrebbero essere cambiati. Il dato infatti è stato elaborato nel periodo post-Covid.
Il tasso della cosiddetta povertà giovanile è grave anche se guardiamo fuori dai confini, infatti la percentuale si riduce ma di poco, arrivando intorno al 20%.
Emerge dalle analisi un tasso severo di deprivazione materiale e sociale fra i giovani, quantificato con una percentuale di oltre il 6%. Parliamo della non capacità di far fronte a spese impreviste o spendere soldi per degli extra che vadano al di fuori delle spese necessarie, magari un periodo di ferie. Eurostat ha valutato anche la capacità di permettersi un pasto completo, avere a disposizione un’auto personale, mantenere la casa in maniera adeguata, far fronte a spese arretrate.
Purtroppo la povertà giovanile è un argomento gravissimo che non è una novità nella nostra penisola, i dati Eurostat di settembre hanno dimostrato infatti che il fenomeno è i crescita anche perché i giovani faticano a trovare un lavoro in Italia e i pochi che ci riescono devono accontentarsi di una paga molto bassa.
“Sempre meglio di niente” penseranno molti ma in effetti adeguarsi a queste condizioni è per pochi, coloro almeno che possono ancora contare sull’aiuto dei genitori dal punto di vista economico. Altri invece vedono andare via tutto lo stipendio, dopo la fatica che hanno fatto per portare a casa quei soldi che purtroppo spesso non bastano per far fronte a tutte le spese. Allora ci si inventa una seconda occupazione, qualcosa che possa aiutare ad arrotondare ma in questo modo si ha sempre meno tempo libero a disposizione.
Insomma una qualità di vita non proprio buonissima, al limite della povertà e della dignità. C’è da dire anche che molti datori di lavoro se ne approfittano cercando appositamente ragazzi giovani per poter risparmiare sugli stipendi.
I più esposti a impieghi mal retribuiti infatti sono proprio i ragazzi intorno ai 20 anni e parlando di dati, dal 2020 al 2021 la quota dei sottopagati subito dopo il diploma è cresciuta di 3 punti, arrivando al 15%.
Sfruttati e malpagati, questi sono i giovani italiani sul posto di lavoro, ammesso che riescano a trovarne uno. Una fetta importante è ancora alla ricerca della prima occupazione ed Eurostat ha certificato le difficoltà di questi ragazzi, spesso alle prese con retribuzioni così misere da essere al limite della povertà, quella che come abbiamo visto è una piaga terribile del nostro Paese che forse a questo punto non è più così “Bel”.
O meglio, lo rimane per la varietà e bellezza dei suoi paesaggi ma non si vive di solo turismo. L’Italia deve tornare a valorizzare le nuove generazioni perché costituiscono una forza lavoro importante, una “risorsa interna” che sempre di più espatria verso la ricerca di condizioni lavorative e di vita migliori.
Questa la denuncia che purtroppo rimane ancora inascoltata e nuovamente l’Ue con questo rapporto invita i governi a progettare politiche che mirino a dare importanza alla nuova classe di lavoratori.
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