Maxi truffa nel bresciano. Non solo evasione fiscale ma, addirittura, una vera e propria organizzazione dedita proprio a questo. L’indagine, coordinata dalla Procura Distrettuale di Brescia, ha portato a sgominare una vera e propria associazione a delinquere con presunto giro di denaro sporco.
Il lavoro degli inquirenti partito nel 2019, a seguito di segnalazioni fatte ai carabinieri di Gardone Val Trompia. A far scattare l’allarme sarebbero stati ben 113 bonifici fatti nel giro di poco tempo da una azienda di Lodrino.
A destare sospetti, più che altro, il fatto che tale azienda fosse intestata ad un operaio della Valtrompia. Più di 34 milioni di euro il valore dei bonifici. Tutti versati su conti correnti esteri, in banche asiatiche destinati per lo più a persone cinesi.
I bonifici sarebbero serviti a pagare delle fatture che, però, a seguito delle indagini sarebbero risultate essere inesistenti. Secondo il gip, quindi, i soldi versati all’estero rientravano in Italia mediante gli spalloni.
Gli spalloni, infatti, ossia dei contrabbandieri, il loro nome deriva proprio dal portare il carico in spalla. Questi, al giorno d’oggi, sono proprio i cosiddetti corrieri che si occupano di portare capitali all’estero oppure a far rientrare capitali in Italia.
Spalloni perché solitamente questi carichi di denaro sarebbero trasportati in viaggi individuali solitamente con automobili, recapitato personalmente nel luogo stabilito.
Questo è quanto avrebbe scoperto e sgominato l’indagine della Procura Distrettuale. L’operazione condotta dal comando provinciale della Guardia di Finanza e da quello dei Carabinieri, ha portato ad un sequestro di 93 milioni di euro facendo scattare le manette per 27 persone.
Nell’operazione, dove sono state indispensabili le intercettazioni telefoniche, sono stati utilizzati anche i cosiddetti “cash dog”, cani in dotazione alle forze dell’ordine in grado di fiutare denaro anche a parecchi metri di distanza.
Proprio grazie a questi animali e a questa loro prerogativa, la guardia di finanza è riuscita a scovare 4 milioni di euro che erano stati sepolti, a parecchi metri di profondità nei pressi di un casolare in provincia.
Un cascinale, anonimo, immerso nelle campagne di Gussago, dove evidentemente, la banda di criminali si sentiva al sicuro. Proprio in questa struttura rustica, infatti, avrebbe avuto base questa famiglia a capo di una organizzazione che si occupa, anzi si occupava, di evadere il fisco, in maniera sistematica e puntuale.
Agli arresti sono, così finiti, 46enne Giuliano Rossini capo della famiglia e sua moglie Silvia Fornari. Ai domiciliari, inoltre, sono finiti il loro figlio 22enne e la sorella della Fornari. Porte del carcere aperte anche per altre persone, saranno 27 in tutto alla fine, almeno per ora.
Le indagini hanno rivelato, infatti, una vasta rete di società fasulle con giro di soldi per milioni di euro per evadere il fisco e coprire, così acquisti e vendite in nero in altri ambiti, in particolare di metalli ferrosi.
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