In Belgio vive il 57enne Vito Sabia, emigrato nel 1967 a Genk, all’età di nove anni, insieme alla sua famiglia di origine. Dopo una vita passata a lavorare in miniera, il governo di destra (un coalizione di autonomisti fiamminghi e destra francofona), diventato molto duro con gli stranieri sta riorganizzando le presenze entro i confini. Nell’arco del 2014 sono stati espulsi circa 1.040 cittadini comunitari, perché considerati ”un peso per la sicurezza sociale”. Le autorità belghe hanno dunque ordinato l’espulsione per l’uomo, dopo avergli bloccato la pensione. Ecco la sua storia.
Vito Sabia arrivò in Belgio da emigrato nel 1967, a nove anni, con i suoi genitori. All’epoca era ancora in vigore l’accordo tra Alcide De Gasperi e il Ministro belga Van Hacker che prevedeva l’acquisto di carbone a un prezzo di mercato, in cambio dell’impegno italiano di mandare 50 mila uomini per il duro e pericolosissimo lavoro in miniera. A presentarsi furono più del triplo, soprattutto abruzzesi, marchigiani, lucani e siciliani.
Vito lavorò in miniera appena compiuti 18 anni nel 1976, e continuò fino al 1987, fino alla chiusura del suo cantiere. Poi ebbe diritto a una pensione, che ora è di circa 1.500 euro al mese. Considerato indigente dallo Stato, rischiava di diventare un peso per la sicurezza sociale, e le autorità avevano deciso per lui l’espulsione. L’uomo, che non ha mai chiesto (seppure ne avesse diritto) la cittadinanza belga, ha anche messo su famiglia, si è sposato con una donna rumena, Andrea, dalla quale ha avuto il sesto dei suoi figli ed ora è nonno. La sua pensione però è trattenuta per pagare gli alimenti all’ex moglie e degli altri cinque figli, quindi per lo stato lui risulta povero. Il comune dove risiede, Maasmechelen, gli ha inviato l’ordine di espulsione.
”Secondo l’Ufficio Immigrazione rappresento un onere eccessivo per la sicurezza sociale – spiega il minatore in pensione alla stampa – A 58 anni, vengo espulso in quanto cittadino dell’Unione europea. Questa è una barbarie, giusto?”, e prosegue raccontando: ”Ma mi sono sposato qui, i miei figli sono nati a Genk, e ho sempre pagato le tasse. Ora, invece, all’improvviso ci trattano come parassiti”.
In seguito alla mobilitazione dei media e dell’Ambasciata italiana, venerdì 5 giugno scorso, le autorità belghe hanno riconosciuto ”di essersi sbagliate nell’espellere l’ex minatore” ed hanno fatto dietrofront, malgrado sia povero.