Anna Kavaliunas, ex vegana, aderente al progetto The Anti-Diet Project di Refinery29, ha voluto raccontare la sua storia al mondo, perché dal canto suo è convinta che molto spesso le persone scelgano di diventare vegane fondamentalmente perché vogliono essere magre. Le motivazioni ambientaliste e animaliste, a suo dire, sono soltanto una copertura, se pur a livello inconscio.
‘La maggior parte dei vegani non ammetterebbe mai che la loro scelta di vita è tutta legata al desiderio di essere magri’: è con queste parole che Anna Kavaliunas ha dato il via alla sua lunga e controversa confessione.
Ovviamente riconosce che esiste una porzione del mondo vegano che ha intrapreso questo cammino per motivazioni più nobili, come prendere posizione contro il maltrattamento di animali, per favorire le aziende locali, o ancora per boicottare le grosse multinazionali alimentari.
Tuttavia la sua storia e le sue motivazioni si sono rivelate tutt’altro che ambientaliste o animaliste.
L’avvicinamento di Anna al mondo vegano ha avuto inizio con il suo trasferimento a Los Angeles, in California: è proprio in quel mondo dove le mode diventano veri e propri diktat, che ha deciso di iniziare ad eliminare carne, latticini e glutine dalla sua dieta.
E ammette: ‘Mi piacerebbe poter dire che l’idea di rinunciare a tutto questo mi sia venuta vedendo un documentario straziante su come uccidono i polli, ma non è così’.
Ha iniziato seguendo un trend imperante, ma in breve si è trasformato in pericoloso circolo vizioso: ‘Più andavo avanti più mi allontanavo da quella che ero stata fino a quel momento, non era un semplice cambiamento di dieta, ma di identità. I miei amici sottolineavano questa trasformazione, io diventavo sempre più magra, ma quando stringevo il mio petto ossuto in un top mi sentivo bene e non mi importava’.
Ma Anna era convinta delle sue scelte e la motivazione principale era il rifiuto categorico del cibo spazzatura. Purtroppo però, dall’eliminare soltanto il cibo scadente è passata al rifiuto di ogni tipo di cibo: la sua alimentazione si era ridotta a quattro foglie di insalata.
E’ in quel momento che l’ossessione si è manifestata palesemente: niente cibo, palestra per tre ore ogni giorno, conteggio ossessivo delle calorie e rifiuto categorico di tutti quegli eventi sociali che prevedevano una cena o un pranzo. Anche se questo significava rinchiudersi in casa senza amici.
Il peso diminuiva, ma in compenso cresceva l’ansia. E anche la solitudine.
A quel punto amici e familiari hanno temuto il peggio.
‘Un giorno mi sono ritrovata a fissare per 20 minuti una bistecca di controfiletto, era perfetta e simboleggiava tutto quello che non ero più e che avevo perso: il mio essere divertente, le uscite con gli amici, il bere vino. Dall’altra parte c’era la nuova me: ossessionata dal cibo, con la sua lattuga fatta in casa, terrorizzata dal mangiare qualsiasi cosa fosse fuori dalla mia lista sicura’.
Quel giorno la bistecca è rimasta nel piatto, ma Anna ha iniziato a capire che non poteva più vivere di eccessi, era giunto il momento di trovare un nuovo equilibrio tra la nuova sé e il mondo dell’alimentazione.
Lei ce la sta mettendo tutta, ma il cammino è difficile e ancora tutto in salita: quando prova a ingerire nuovi alimenti, il dolore parte dallo stomaco e arriva alla mente.
‘Sono ancora vegana, anche se non una militante. Sto imparando a fidarmi del mio corpo, piuttosto che lottare contro di esso. Fino ad ora, non ho mai capito quanto la mia personalità fosse legata al cibo che mangiavo, il cibo non era solo una poltiglia confusa di macro e micro nutrienti; era una fonte importante della mia identità. Ma ora, finalmente sto imparando a separare le due cose, cercando di vivere senza etichette’.