Sicuramente avrete notato la comparsa in massa sulla bacheca di Facebook di foto datate dei vostri contatti con l’hashtag #sfidaaccettata oppure semplicemente con la scritta “sfida accettata” e un riferimento al momento dello scatto. Ci sono addirittura alcuni selfie che sono stati immortalati prima ancora che la parola diventasse una delle più utilizzate nel mondo dei social network. Ad ogni modo, la domanda di fondo è: “A cosa servono queste immagini, ma soprattutto qual è la sfida alla quale si fa riferimento?”. Dato che su Facebook tutto viene trattato superficialmente, la stragrande maggioranza degli iscritti ha pensato: “È la sfida a pubblicare una mia foto di diversi anni fa, per vedere se ho il coraggio”. Con conseguente imitazione e diffusione a macchia. Peccato che l’intento iniziale fosse ben preciso, ma che sia stato irrimediabilmente trasceso dall’ignoranza (intesa nel senso intrinseco della parola) e dal dilagante narcisismo online. Facciamo un po’ di chiarezza.
La catena è presto fatta: si vede una foto di un contatto che è in bianco e nero (ma anche a colori sbiaditi), si mette un mi piace e dunque si partecipa alla sua diffusione andando a pescare un’immagine d’archivio e la si pubblica sulla propria bacheca, meglio ancora se come nuova foto profilo. Sembrava tutta qui la famosa “sfida accettata”, che tanto sta spopolando, ma la realtà è completamente diversa e viene proposta con sempre maggiore intensità da chi è direttamente coinvolto da questa campagna che riguardava, ebbene sì, la lotta contro il cancro. Prendiamo ad esempio uno dei messaggi (e foto) che è stato più condiviso perché mette luce sulla vera natura del fenomeno.
Avete notato la data? 1 settembre 2016, già perché la catena era iniziata già da diversi mesi, ma solo ora – per gli strani e talvolta imprevedibili – processi dei social network ha raggiunto la grande massa. Il senso originario e primo di questo fenomeno è ben preciso: scattatevi una foto in bianco e nero per simboleggiare e mostrare il grigiore che si è costretti a subire quando ci si deve sottoporre alle cure contro il cancro, come la chemioterapia. Nulla c’entravano foto vecchie. Che fosse condivisibile lo spirito primordiale è soggettivo, ad esempio MagicaDebby non è della stessa idea, ma quel che lascia molto rammarico e amarezza è che – per l’ennesima volta – si è agito troppo superficialmente online.
E così si è tutti andati alla corsa al recupero di una bella foto che ci mostrava giovani, magri, con tutti i capelli, con lo sguardo brillante e il futuro ancora da conquistare. Ci sono foto a colori, foto da studio, foto con le classiche diciture “Quanto ero brutto/a” sperando che qualcuno commenti “Ma no eri bellissimo/a e oggi lo sei ancora di più”. Ennesimo, insopportabile, carburante per il narcisismo online che è la vera piaga dei social network è che si combatte solo con un’arma. Peraltro assai efficace: l’indifferenza (in attesa del tasto non mi piace anti-bufala). Peccato però, ennesima occasione persa.
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