[didascalia fornitore=”altro”]Foto di Mike Laptev / Shutterstock.com[/didascalia]
Ci hanno sempre detto che dobbiamo avere successo. Che cadere è da perdenti: sarebbe sempre meglio evitarlo e, soprattutto, non mostrarlo al mondo. Ecco perché oggi i nostri feed dei social sono pieni zeppi di facce sorridenti e vite perfette, di guru moderni che ci riempiono di frasi motivazionali su quanto sia bello e giusto essere forti e diretti, decisi, senza un tentennamento.
Ma veramente il fallimento, il grande tabù dei nostri tempi, è da nascondere e rifuggire? Oggi vi spiego perché secondo me può farci molto bene e perché è importante sbagliare e –anche un po’- soffrire. Perché in fondo per capire dove si vuole andare, ci si può anche perdere.
Va bene essere sicuri delle proprie scelte, ma forse continuare a fallire cercando di raggiungere lo stesso obiettivo da anni dovrebbe farci accendere una lampadina: non è che forse non siamo così portati per ciò che invece crediamo essere la nostra strada? Se siamo delle frane negli sport, forse provare a diventare dei runner professionisti non è esattamente la scelta più sensata. Capita che i sogni restino tali, perché non concentrarsi invece su qualcosa di più raggiungibile?
Sbagliare ci fa capire dove non dobbiamo andare e che probabilmente la direzione che stavamo prendendo non era quella giusta. Beh, perlomeno ci fa venire il dubbio: porsi domande e riflettere obiettivamente, senza crogiolarsi nell’autocommiserazione, infatti, è il modo più efficace per riprendersi da una bella batosta. Sia questa sentimentale o lavorativa.
Fallire non è la fine, sostanzialmente perché presuppone uno sforzo verso un obiettivo ambizioso, per definizione non alla nostra diretta portata.
In questi casi il rischio di non farcela è alto, ecco perché bisogna comunque essere orgogliosi di sé stessi: non è da tutti provare e del resto, chi non risica non rosica. Anche se ciò include una serie di fallimenti e cadute che, comunque, saranno utili, pure se non si dovesse mai raggiungere la vetta: impariamo a goderci il viaggio e quello che impariamo dalle nostre esperienze. Senza troppe ansie di perfezione: rivalutiamo gli obiettivi e, se necessario, puntiamo più in basso. Andare per step è la risposta!
Il nostro più grande nemico è la paura, certo, ma anche chi crede che non esista il compromesso o la via di mezzo. Oggi ci viene detto che o sei IN o sei OUT: il classico dualismo bianco-nero che prende il sopravvento, ancora una volta. Nonostante sia più facile crederlo, il mondo (purtroppo, o per fortuna) non si divide in compartimenti stagni. Ma perché la sfumatura non riesce ad avere dignità nella nostra mente? Non si è sempre e solo vincenti o perdenti: nella nostra vita attraversiamo diverse fasi, più o meno in salita. È normale e fa parte del gioco.
Ovvio, provarci e non riuscire può essere frustrante, ma molto peggio sarebbe smettere di tentare per la paura di cadere. Soffrire non fa piacere a nessuno, ma che ne sarebbe del nostro carattere, della nostra tenacia, se raggiungessimo tutto e subito?
“Ti sei accorta anche tu che in questo mondo di eroi / nessuno vuole essere Robin?” canta Cesare Cremonini. Tradotto: oggigiorno nessuno vuole fare la spalla.
Ma è importante accettare che magari quel traguardo che sogniamo tanto di raggiungere non lo sfioreremo neanche oppure arriveremo secondi. Non si tratta di pessimismo, bensì di realismo: per quanto sia vero che impegnandoci possiamo raggiungere i nostri obiettivi, è altrettanto certo che entrano in gioco diversi fattori che possono influenzare la buona riuscita dei nostri propositi. La competizione esterna su tutti.
Continuiamo a provarci, ma senza l’ansia di arrivare primi. Impariamo ad accettare la tanto bistrattata vita da mediano: sempre protagonisti della nostra storia ma capaci anche di passare la palla a chi sa correre più veloce.
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