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Alla fine di ottobre 2015 ci sarà il ritorno in sala di Fantozzi: i cinema italiani proietteranno i primi due film dedicati al tragicomico ragioniere, diretti entrambi da Luciano Salce, per festeggiare 40 anni dall’esordio cinematografico dell’esilarante personaggio creato nel 1968 dall’attore e cabarettista genovese Paolo Villaggio. Uscito per la prima volta il 27 marzo 1975, Fantozzi fu un successo clamoroso che diede il via a una delle saghe più longeve del cinema italiano, conclusa soltanto nel 1999 con Fantozzi 2000 – La Clonazione, decimo e ultimo film della serie. Fantozzi e Il Secondo Tragico Fantozzi saranno proposti in versione restaurata e distribuiti da Eagle Pictures. Le date precise delle proiezioni verranno comunicate nelle prossime settimane.
Il primo Fantozzi rappresentò alla perfezione il prototipo dell’italiano medio-borghese degli anni ’70, il tipico impiegatuccio privo di particolari abilità e fortuna, contro il quale si accanivano malasorte e prepotenze senza che fosse capace di opporre qualsiasi tipo di reazione. Non per nulla è rimasta nell’immaginario collettivo la sua grottesca attitudine alla sudditanza psicologica verso il potere costituito che lo ha reso il tipico esempio di uomo medio e mediocre, vessato dalla società e alla continua ricerca di un riscatto che non sarebbe mai arrivato.
Anche gli altri personaggi del film Fantozzi erano assolutamente rappresentativi di quegli anni (e non solo), tanto che si potevano trovare in qualsiasi luogo di lavoro: la collega seduttrice ma un po’ doppiogiochista (la signorina Silvani, ovvero Anna Mazzamauro), il capo esigente (l’On. Cav. Conte Diego Catellani, interpretato da Umberto d’Orsi), il collega arrivista e ‘ruffiano’ (il geometra Calboni, cioè Giuseppe Anatrelli), un altro collega traffichino ma irresistibilmente tonto (il ragionier Filini, ossia Gigi Reder). Per non parlare dell’insignificante famiglia del povero ragioniere, ritratto feroce quanto veritiero di tante grigie famiglie italiane che (soprav)vivevano nei quartieri dormitorio delle grandi metropoli, formata dall’ottusa moglie Pina (Liù Bosisio) e dall’orripilante figlia Mariangela (Plinio Fernando).
Attenzione, però, perché con Fantozzi veniva indirettamente messa alla berlina anche la classe dirigente dell’epoca, attraverso le figure dei vari ‘mega-direttori’ che in realtà racchiudevano i tipici comportamenti meschini di chi per censo, per fortuna o per abilità ricopriva posizioni di potere e di privilegio: l’eccessiva sicumera, l’inutile sadismo nei confronti dei sottoposti, la falsa magnanimità e liberalità.
Del resto Villaggio aveva lavorato in gioventù come impiegato all’Italsider di Genova, ed era stato lui stesso testimone oculare di tanti episodi di servilismo e arrivismo che poi avrebbe raccontato nelle sue storie.
Oggi, a 40 anni di distanza dal primo e forse irripetibile Fantozzi (in realtà è stato eccezionale anche Il Secondo Tragico Fantozzi, uscito nel ’77, e abbastanza bello anche il terzo, Fantozzi Contro Tutti del 1980), un Paolo Villaggio un po’ malconcio (82 anni sono tanti e gli acciacchi non sono pochi) racconta con soddisfazione ma non con nostalgia il suo celebre personaggio: ‘Quell’anno diventai un box-office vivente: il film uscì dopo Pasqua e rimase in programmazione fino al Natale seguente. In totale ne ho fatti dieci, i primi tre erano portentosi: la cosa più nuova era il linguaggio, completamente diverso da quello dei comici e degli imitatori che imperversavano in quel periodo. Fantozzi ha generato tanti nuovi aggettivi, avverbi e modi di dire: questo mi fa pensare che, alla fine, qualcosa di me rimarrà. Perché il film piace ancora oggi? Fantozzi esprime malessere e disagio, e quindi è adatto anche ai giovani di adesso che un po’ si rispecchiano nelle sue sfighe…‘.
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