Il virus Dengue, diffuso nei climi caldi ed umidi, rischia di divenire un problema di portata planetaria per effetto del surriscaldamento climatico.
Continuano a peggiorare, lo fanno ormai da 50 anni, le epidemie di Dengue nel mondo, tanto in durata quanto in pervasività.
L’infezione da Dengue è provocata dalla puntura della Aedes, delle zanzare tropicali, che tramettono all’uomo il flavivirus, l’agente patogeno responsabile del morbo. Diffusa nelle zone tropicali, dove la zanzara ha il proprio habitat, la febbre Dengue risulta endemica dei territori del Sud-Est Asiatico e dei Caraibi.
Dopo un’incubazione da 3 fino a 15 giorni, il virus circolante nel sangue di colui che è stato punto dalla zanzara infetta provoca febbre alta, brividi, mal di testa e forti dolori articolari (da cui il nome alternativo di “febbre spaccaossa”).
Questa sintomatologia persiste, alternando picchi a momenti di tregua fisica, per alcuni giorni fino ad alcune settimane nei casi gravi. Fortunatamente i decessi sono sporadici.
Tuttavia la patologia fa ultimamente parlare di sé perché è protagonista di una forte crescita nelle popolazioni dei territori abitati dall’insetto vettore.
In particolare è Singapore a lanciare l’allarme. La città-stato, non a caso situata proprio nel Sud-Est Asiatico, ha ratificato un raddoppio dei casi nel mese di maggio (rispetto al 2021), periodo oltretutto acerbo per l’epidemia, che è più intensa nei mesi più caldi dell’anno.
Questi valori preoccupano gli esperti, soprattutto se correlate con la generale situazione climatico-ambientale. La Dengue è finora registrata come endemica in 100 paesi; eppure l’aumento delle temperature, originate dal cambiamento climatico dovuto alle emissioni inquinanti antropiche, rischia di trasformare i climi finora estranei alla zanzara Aedes, in habitat per quest’ultima ideali. Ciò significa un ampliamento delle aree soggette all’azione del virus.
Non solo, l’incremento termico determinerebbe anche un periodo di vita ed attività più lungo per gli insetti patogeni con conseguenze facilmente intuibili.
Questo processo è purtroppo già in atto: gli infettivologi, confrontando i dati dei casi segnalati nei vari anni, hanno individuato una costante aggravio nell’ultimo mezzo secolo (casi cresciuti di 30 volte in 50 anni).
Il pericolo di focolai più frequenti ed ampi si staglia all’orizzonte, facendo levare i primi gridi di allarme tra gli scienziati dell’Asia sudorientale.
Sventuratamente l’unica vera soluzione alla malattia, per ora infatti non vi sono antivirali in grado di contrastarla, risiede nella lotta al cambiamento climatico. Se non si interviene velocemente e coralmente per ridurre le emissioni di gas serra ed altri materiali inquinanti, l’aumento globale delle temperature favorirà la diffusione planetaria della Aedes.
Se davvero la caratteristica principale dell’uomo è quella di previsione, obiettivo stesso della pratica scientifica, le strutture di potere del globo sono chiamate a prevenire il costituirsi di una biosfera inospitale per la stessa umanità.
Tutto è interdipendente e connesso nel pianeta, l’idea di un essere umano scollegato dal proprio ambiente, oltre che illusoria, è molto pericolosa.
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