La fecondazione eterologa in Italia costerà tra i 400 e i 600 euro. E’ questa la cifra prevista per i ticket, stabiliti dalla Conferenza delle Regioni. Fa eccezione a questa regola la Lombardia, che ha scelto di far pagare il costo di tutta la procedura ai cittadini. Il costo sarà interamente a carico degli utenti, sia per i lombardi che per coloro che vengono da altre regioni. In generale in Lombardia i costi per l’eterologa sono tra i 1.500 e i 4.000 euro, perché il prezzo dipende dalla tecnica di fecondazione adottata.
In particolare per la fecondazione eterologa con seme da donatore e con inseminazione intrauterina occorreranno 1.500 euro, per quella con seme da donatore in vitro 3.500 e per quella con ovociti da donatrice 4.000 euro. Nel documento redatto dalla conferenza dei governatori è stato spiegato che, in linea generale (tranne che per la Lombardia) si è fatta avanti la necessità di adottare una tariffa unica convenzionale, in modo da poter regolare anche la mobilità fra una regione e l’altra.
Limite di età per le donne riceventi a 43 anni, in età cioè potenzialmente fertile. Limite d’età anche per i donatori: 20 e i 35 anni per le donne e 18-40 anni per gli uomini. Decisa anche la compatibilità del nascituro con i genitori riceventi la donazione: il bambino dovrà avere lo stesso colore della pelle e, per quanto possibile, lo stesso fenotipo dei capelli e del gruppo sanguigno.
Sarà possibile per i figli nati da fecondazione eterologa chiedere di conoscere l’identità dei genitori biologici, a cui viene garantito l’anonimato, al compimento dei 25 anni. In quel caso, il donatore sarà contattato e spetterà a lui decidere se rivelare la propria identità. Stabilito anche un limite per le nascite per singolo donatore a dieci nati e solo per una Regione: la coppia che ha già avuto figli da un donatore ne potrà avere altri dallo stesso donatore.
La non compatibilità
Con compatibilità si intende la possibilità di scegliere o comunque di garantire da parte del centro la compatibilità del colore della pelle, degli occhi e del gruppo sanguigno del nascituro con quelli della coppia che riceve i gameti esterni. Su questo punto la Lorenzin è stata chiara fin dall’inizio. “Per quanto mi riguarda sono contraria: questa si chiama discriminazione razziale. Non se ne parla, sarebbe anticostituzionale. È come se chi adotta un bambino lo potesse scegliere. Lo impedisce la legge. Mica siamo al supermercato”, tuona la ministra.
Tutt’altro parere è quello dei medici dei centri e delle associazioni che si sono battuti per la cancellazione della legge 40. Diverso è anche il parere degli stessi esperti convocati dal ministero per tracciare le linee guida della fecondazione e della donazione: se è vero che non si possono scegliere le caratteristiche del donatore, il centro “deve garantire compatibilità di colore della pelle, gruppo sanguigno e colore di capelli e occhi per la coppia che riceve”. A dirlo sono i tecnici stessi convocati dalla Lorenzin.
A livello internazionale la compatibilità è fondamentale per il benessere del bambino, per “facilitare l’accettazione del nascituro da parte dei genitori e del contesto sociale in cui crescerà e vivrà, permettendo al bambino uno sviluppo psico-emotivo sereno ed equilibrato”, come spiega Elisabetta Coccia, presidente di Cecos Italia, associazione che unisce i maggiori Centri italiani privati e convenzionati di fecondazione assistita. In più c’è da considerare che la società italiana è sempre più multirazziale e, secondo la Coccia, è necessario “garantire tale principio della compatibilità anche alle coppie appartenenti ad altre etnie e residenti nel nostro Paese”.
Essendo un principio base a livello internazionale, se non verrà inserito nella legge quadro potrebbe creare difficoltà a livello nazionale: ci potrebbero essere ricorsi e sentenze su base regionale che darebbero la compatibilità ad alcuni centri e non ad altri, in un balletto tipicamente italiano. Quello che è certo è che il decreto sta già suscitando polemiche. Dal NCD, partito della Lorenzin, si alzano voci totalmente contrarie alla compatibilità, mentre medici ed esperti la ritengono importante per il benessere del nascituro. Il percorso della legge non è ancora iniziato e già si prevede una strada disseminata di ostacoli.
Come funziona
La fecondazione eterologa si ha quando gli spermatozoi o le cellule uovo sono esterne alla coppia. Nel caso di infertilità di uno dei due membri della coppia, si possono ottenere i gameti da donatori: tramite la fecondazione in vitro, si passa poi all’impianto nell’utero della donna. Il metodo eterologo è stato praticato anche in Italia fino al 2004 quando venne approvata la legge 40 che ne vietava la pratica su tutto il territorio nazionale. Da allora, le coppie con problemi di fertilità sono dovute ricorrere a viaggi della speranza all’estero, nei paesi dove era concessa, con costi che oscillavano dai 3mila ai 10mila euro: spese troppo alte per moltissime coppie che hanno così dovuto rinunciare al diritto alla maternità e paternità.
La sentenza della Corte Costituzionale
Lo scorso 11 giugno sono state rese note e depositate le motivazioni che hanno portato la Corte Costituzionale a definire incostituzionale il divieto sulla fecondazione eterologa stabilito dalla legge 40/2004. La Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità della norma che vieta il ricorso a donatori di ovuli o spermatozoi esterni alla coppia, nei casi di infertilità assoluta. A dieci anni dall’entrata in vigore della legge, la Consulta ha smontato un altro aspetto molto controverso della legislazione italiana sulla procreazione assistita.
La Corte si è pronunciata sul ricorso che tre coppie di Firenze, Milano e Catania hanno presentato visto il divieto di ricorrere a spermatozoi o a ovociti esterni alla coppia in caso di sterilità o malattie.
La Consulta ha poi chiarite le motivazioni della sentenza. Vietare la pratica della fecondazione eterologa rappresentava “una lesione della libertà fondamentale della coppia destinataria della legge 40 di formare una famiglia con dei figli, senza che la sua assolutezza sia giustificata dalle esigenze di tutela del nato“. Secondo quanto stabilito dalla Corte Costituzionale, la scelta delle coppie assolutamente sterili “di diventare genitori e di formare una famiglia che abbia anche dei figli costituisce espressione della fondamentale e generale libertà di autodeterminarsi“, riconducibile ai principi dettati dalla Costituzione. Nella sentenza si legge che “Le limitazioni di tale libertà, ed in particolare un divieto assoluto imposto al suo esercizio, devono essere ragionevolmente e congruamente giustificate dall’impossibilità di tutelare interessi di pari rango“. Perciò “la determinazione di avere o meno un figlio, anche per la coppia assolutamente sterile o infertile, concernendo la sfera più intima ed intangibile della persona umana, non può che essere incoercibile, qualora non vulneri altri valori costituzionali“.
La Consulta ha precisato inoltre che, con la caduta del divieto di fecondazione eterologa , non si è creato alcun vuoto normativo. Esistono già tutte le norme applicabili per praticare questa tecnica in Italia, perché tutte le regole previste per la fecondazione omologa sono applicabili anche alla fecondazione di tipo eterologo. È questa una delle motivazioni che hanno portato la Corte costituzionale a emettere la sentenza.
I paletti del Ministero della Salute
Dopo la sentenza, il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, ha iniziato a tracciare un primo quadro normativo da presentare alle Camere. Ad occuparsene un gruppo di lavoro di venti esperti, nominati dalla ministro. Tutti dettagli che la Lorenzin ha spiegato in un’intervista al Corriere della Sera. La ministro si è detta contraria alla fecondazione eterologa, ma ha dovuto mettere mano alla legge 40 dichiarata incostituzionale. Il gruppo di lavoro ha elaborato dei paletti normativi. Queste le norme proposte:
Il principio base è “il massimo delle garanzie ai pazienti: cercheremo di assimilare il meglio dagli altri Paesi che hanno iniziato prima di noi. Al centro dell’attenzione genitori e bambini”, ha chiarito la Lorenzin.
LIMITI ALLE DONAZIONI – Le donazioni saranno gratuite e limitate. “Un limite è necessario per evitare che nascano troppi bambini da uno stesso genitore biologico. Tra i cinque e i dieci è un’ipotesi”, spiega.
NIENTE CATALOGHI – Non ci saranno cataloghi delle caratteristiche estetiche di chi ha i gameti: verranno richieste “solo garanzie di tipo sanitario e sarà previsto un consenso informato dettagliato e rigoroso”. Il limite d’età dovrebbe essere, secondo la Lorenzin, lo stesso per la fecondazione omologa, cioè all’interno della coppia, di 52 anni.
DONATORI – Regolamentata anche la questione dei donatori. I test infettivi, come Aids ed epatite, saranno più stringenti. “Verranno introdotti test genetici obbligatori, che per l’omologa non erano previsti. Resta fermo il principio dell’anonimato”. Attenzione alle donne che decidono di donare gli ovociti: per evitare che vengano sfruttate non potranno subire troppe stimolazioni. “Indicheremo quante raccolte di gameti possono essere fatte da una stessa persona e con quale intervallo fra una e l’altra”. Ad aiutare i controlli, ci sarà la creazione di “un codice etico nazionale che permette di contare le diverse donazioni”. Regole anche per la “egg sharing”, cioè “la possibilità che le donne sottoposte a cure antisterilità mettano a disposizione gli oviciti in sovrannumero. All’estero sono previste delle agevolazioni sul piano dei costi per queste volontarie”.
DIRITTI DEI BAMBINI – Tema molto caro alla ministro, che lo definisce “punto fondamentale che andrà approfondito e sarà incluso nel consenso informato”, ricordando come all’estero si tende sempre più spesso a garantire il diritto dei figli di conoscere la propria identità, facendo cadere il diritto all’anonimato dei donatori. La cronaca ha già portato alla luce la carenza di leggi chiare in questo senso con lo scambio avvenuto all’ospedale Pertini di Roma, episodio definito “spinosissimo” e di competenza del Parlamento. Un’urgenza per la ministro, soprattutto “ora che i figli della provetta sono tanti e saranno sempre di più con l’avvento dell’eterologa. Ci sono sentenze in contraddizione. Sarebbe bene prevedere, in caso di scambio, a chi appartengano i bambini”.
I primi casi in Italia
Dopo la sentenza della Consulta sulla fecondazione eterologa, in Italia si registrano già i primi casi, a distanza di dieci anni. Le notizie arrivano da Roma e Milano: nella Capitale sarebbero tre le donne in gravidanza dopo la fecondazione, nel capoluogo meneghino una, e il caso promette di aggiungere ulteriore caos a una situazione ancora in divenire. A Milano, nello specifico nella clinica Matris dove opera il padre della fecondazione, il ginecologo Severino Antinori, sono già all’opera i Nas, per chiarire gli aspetti di una vicenda che non ha contorni chiari. Non è infatti ancora del tutto certo che la notizia della gravidanza per eterologa sia fondata e si sospetta che il medico l’abbia diffusa per una sorta di autopromozione. Accusa respinta dal ginecologo, ma su cui ora indagano i carabinieri del nucleo sanitario, anche per tenere informata la Lorenzin.
Le quattro gravidanze per eterologa sarebbero le prime nel nostro Paese dopo la decisione della Consulta e arrivano in un momento molto delicato per il ministero che è alle prese con lo studio di un nuovo quadro normativo dopo la bocciatura della legge 40.
Il caso più discusso è quello di Milano. Appena divulgata la notizia, i Nas si sono recati nella clinica Matris; in serata è arrivata una presunta smentita con la falsa gravidanza inventata dal professore Antinori per farsi pubblicità, ma per avere il quadro chiaro della vicenda bisognerà attendere gli esiti delle indagini dei Carabinieri, guidati da Paolo Belgi. “Sono tutti atti intimidatori nei miei confronti, ma io non ho paura”, è stata la difesa del ginecologo. Anche la donna che sarebbe rimasta incinta con l’eterologa ha confermato al Corriere l’intervento nella clinica milanese. Gli altri tre casi di Roma sono stati annunciati da Filomena Gallo, segretario dell’Associazione Luca Coscioni, che ha voluto mantenere l’anonimato sulle coppie e sulla clinica.
Come funziona negli altri Paesi
Per sapere come è la normativa negli altri Paesi, in Europa e negli Stati Uniti, basta un clic sulle immagini della gallery seguente.
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