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Festival di Venezia 2016: quanto vale oggi un Leone d’Oro?

Si fa presto a chiamarlo “Festival di Venezia”, quando il suo nome per esteso è “Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica”. E quel nome altisonante porta con sé una storia lunga decenni, una storia di alti e bassi di cui è difficile non tenere conto.

La 73esima edizione, appena conclusa, ha visto trionfare volti noti e meno noti e sembra ampiamente rientrare tra quelle più apprezzate. I numeri parlano di una settantina di titoli selezionati tra quasi tremila film iscritti, tra corti e lungometraggi. Buona risposta da parte del pubblico e buona risonanza sul web, sui social e sui mezzi di informazione, inclusa una rinnovata attenzione da parte della stampa estera. Merito delle star, certamente, ma anche e soprattutto dei film in proiezione: in primis “The Woman Who Left” del filippino Lav Diaz, vincitore del Leone d’Oro, e alcuni titoli già in odore di Oscar, come “Nocturnal Animals” di Tom Ford, “La La Land” di Damien Chazelle e il biopic “Jackie”, con Natalie Portman nel ruolo di Jacqueline Kennedy. Ma anche le nuove fatiche dei grandi autori, come “Paradise” di Andrei Konchalovsky e “Frantz” di François Ozon, “On the Milky Road” di Emir Kusturika e “Voyage of Time: Life’s Journey” di Terence Malick, “Geumul” di Kim Ki-duk e “Les beaux jours d’Aranjuez” di Wim Wenders. Le anteprime di “Hacksaw Ridge”, che segna il ritorno di Mel Gibson come regista, e i primi due episodi di “The Young Pope”, la nuova serie tv firmata Paolo Sorrentino. E poi “The Light between Oceans”, “The Bleeder”, “Arrival”… e, perché no, “The Magnificent Seven”, remake di un grande classico del western anni sessanta.

L’abile direzione di Alberto Barbera ha portato al Lido nomi di richiamo e film interessanti, manna dal cielo per qualsiasi mostre cinematografica che si rispetti. Non solo. Venezia 73 ha trovato nella bravissima Sonia Bergamasco una madrina d’eccezione, e in Sam Mendes un valido presidente di giuria. Venezia 73 ha reso omaggio alla storia del cinema, sia con i Leoni alla carriera per Jean-Paul Belmondo e Jerzy Skolimowski, sia con la dedica speciale a Michael Cimino e Abbas Kiarostami, entrambi recentemente scomparsi.

Venezia 73 è, inoltre, riuscita a far coesistere cinema d’arte e cinema commerciale, grandi registi e giovani esordienti, attori e attrici di fama internazionale e attrici e attori di talento che meriterebbero più attenzione. Le proiezioni in streaming e le nuove iniziative a favore di produzioni indipendenti sono altri fattori degni di un più sul registro, così come l’attenzione riservata ai corti e ai nuovi linguaggi audiovisivi, e anche il tanto spazio dedicato a workshop e incontri speciali… Persino il famoso “buco del Lido”, sul quale pesavano anni di vergogna e imbarazzo, è stato finalmente chiuso: il cantiere incompiuto del mai costruito Palazzo del Cinema è ora coperto dalla Sala Giardino, una nuova sala di proiezione costruita al centro di un ampio spazio verde.

Ma non è tutto oro quello che luccica. Facile e banale gioco di parole, perché il Leone della Mostra, per quanto ambito tra i tecnici e riconosciuto presso il grande pubblico, ha perso col tempo gran parte del suo antico valore. Se ne potrebbe fare un discorso di utilità in senso stretto, ma Paolo Baratta, Presidente della Biennale, aveva già messo le mani avanti con largo anticipo: l’intento culturale della Mostra basta a silenziare le malelingue, e la sala cinematografica, la proiezione e gli incontri dal vivo conservano una loro dignità, persino al tempo degli smartphone.

Se ne potrebbe fare un discorso di qualità in senso lato, ma, almeno questa volta, il contenuto della Mostra è stato all’altezza del venerando contenitore. Eppure, i festival cinematografici rischiano di diventare folcloristiche testimonianze di un tempo che fu, per quanto amati e rispettati da chiunque ami e rispetti la settima arte. Eppure, la qualità dei festival rischia sempre di scivolare in secondo piano, non appena il red carpet comincia a fare notizia grazie agli abiti sfoggiati dalle dive o alle dive sfoggiate senza abiti.

E allora, quanto può valere oggi un Leone d’Oro? Il nome esteso del festival può guidarci nella risposta.

La “Mostra” è una vetrina per film in uscita e una passerella per attori e registi. Ma non sempre l’attenzione riservata ai film in concorso si conserva in fase di distribuzione in sala, specie quando si tratta di film non-hollywoodiani. E a proposito di Hollywood, un Leone d’Oro non è certo un Oscar, e soprattutto perché si tratta di due eventi del tutto diversi: la mostra di Venezia è, infatti, una rassegna di film in anteprima, in cui è anche previsto un concorso per decretare il migliore fra quelli proiettati, mentre gli Academy Awards continuano a essere il più ambito premio internazionale per i film usciti in sala nel corso dell’anno.

La Mostra è “Internazionale”, e l’attuale panorama internazionale trabocca di altri festival e di altri eventi legati al mondo del cinema. La mostra di Venezia è una delle più antiche, ma non è certo l’unica: solo in Italia se ne contano decine, più o meno celebri e celebrate, e dall’estero premono Cannes, Berlino, il Sundance… E Toronto, a due passi dalla Mecca del Cinema e praticamente contemporanea a Venezia. La lotta tra le mostre è più spietata di quanto non sembri, tutti decisi ad accaparrarsi i titoli migliori e le star più conosciute. Il prestigio e il fascino del Lido non sempre sono sufficienti a prevalere sulla concorrenza, poiché di concorrenza si parla.

La Mostra Internazionale è “d’Arte Cinematografica”: ciò che è “artistico” rischia di allontanare il pubblico dalla sala, ciò che è “di massa” rischia di allontanare l’arte dal cinema. Venezia cerca spesso di giocare nel mezzo, a volte scontentando gli spettatori, a volte tradendo la sua stessa vocazione: il concetto di “arte” è troppo ampio per garantire una vera specificità, e la Mostra rischia anche di perdere interesse di fronte agli altri eventi di cui sopra, eventi magari più piccoli, ma dotati di una propria identità e difesi da una propria particolarità.

La Mostra del Cinema di Venezia resta un evento di grande prestigio, e guai a dire il contrario, ovviamente. La lucentezza degli antichi splendori, però, può trarre in inganno: l’oro del Leone, purtroppo, comincia a sbiadirsi.

Andrea Calaresi

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