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‘L’omeopatia fa paura a tutti coloro che non la comprendono perché non hanno i mezzi e la volontà e fa paura agli interessi economici, culturali e sociali ma le evidenze scientifiche sono a migliaia, a tutti i livelli, basta andare a cercarle’, dice Francesco Marino, medico esperto in omeopatia e agopuntura e vice presidente Fiamo (Federazione italiana associazioni e medici omeopati), anche lui intervenuto a Torino alla tre giorni del congresso nazionale della federazione che raggruppa, appunto, associazioni e medici omeopati.
La questione dell’efficacia o meno dell’omeopatia è di grande attualità.
Gli esperti assicurano: ‘Noi sappiano che l’omeopatia agisce, non sappiano ancora come, ma non si può parlare di effetto placebo, le fake news si infrangono contro le esperienze dirette di coloro che hanno provato sulla propria pelle e su quella dei propri cari gli effetti clinici dell’omeopatia’.
Eppure le critiche sono tante. ‘L’omeopatia ha più di duecento anni di storia, gli attacchi sono stati innumerevoli ma noi siamo ancora qui. Il percorso è stato difficile e critico ma abbiamo raggiunto una serie di risultati validi – aggiunge Alberto Magnetti, direttore della Scuola Medica Omeopatica Hahnemanniana di Torino e presidente del congresso Fiamo – La Fnomceo, la Federazione di tutti gli ordini dei medici in Italia, nel 2002 ha riconosciuto l’omeopatia come atto medico, quasi tutte le regioni hanno recepito l’accordo Stato- Regioni del 2013 (con cui sono stabiliti criteri nazionali per qualificare chi esercita l’omeopatia) e qualche regione ha già risolto tutti i problemi emanando una legge’. E’ il caso della Regione Piemonte, che prevede che le scuole di omeopatia accreditate debbano avere una di formazione particolare, mentre l’Ordine dei medici di Torino ha recepito l’indicazione di creare dei registri dei medici omeopatici, registri che saranno attivati solo con persone che hanno seguito le scuole riconosciute dalla Regione.
Magnetti sottolinea poi la scarsa attenzione riservata ai medici omeopatici nelle Università: ”L’Università in genere non ha intenzione di dare spazio all’omeopatia, tuttavia, nonostante la poca attenzione, i medici omeopati continuano a crescere, più lentamente in questi ultimi anni dopo l’impennata degli anni 90 a cui è seguito un calo fisiologico in tutta Europa. Adesso il trend si sta invertendo e per esempio, nella realtà piemontese da ormai 15 anni la Facoltà di farmacia dell’Università di Torino ha un corso dedicato alle medicine non convenzionali, in particolare all’omeopatia, e la Facoltà di medicina proprio lo scorso anno ha istituito un corso di informazione sulle medicine non convenzionali, per cui parleremo di omeopatia anche all’università. Fare il medico omeopatico è molto complesso, ci vogliono molti anni per imparare, però è un’enorme soddisfazione riuscire a risolvere casi che gli altri colleghi non riescono a risolvere”.
”La medicina omeopatica – spiega Antonella Ronchi, presidente Fiamo – ha un paradigma suo specifico, apparentemente difficile da conciliare con quello della medicina convenzionale perché non è solo l’utilizzo di un medicinale diverso ma è un approccio più globale alla persona. Noi non ci poniamo in alternativa alla medicina convenzionale, siamo medici, abbiamo spesso delle specializzazioni, lavoriamo in ambiti pubblici e privati, ma abbiamo trovato nell’omeopatia risposte a domande che ci facevamo che non abbiamo trovato nella medicina convenzionale, quindi è assolutamente gratuito paragonarci agli astrologi”.
D’altronde l’omeopatia ha oltre 200 anni di storia, è la seconda medicina più usata al mondo e più di 600 milioni di pazienti la utilizzano quotidianamente proprio perché si tratta di una medicina personalizzata, che fornisce una soluzione terapeutica in patologie in cui una terapia standard non funziona o ha effetti collaterali gravi. ”Le medicine omeopatiche sono medicinali per legge, c’è una direttiva europea ben precisa che è stata recepita in Italia nel 2006 e l’Aifa (Agenzia italiana del farmaco) sta registrando i medicinali omeopatici che sono medicinali a tutti gli effetti”, precisa Ronchi che prosegue: ”curiamo il malato, non la malattia, per questo possiamo avere risultati in una serie di patologie, in alcuni casi in modo esclusivo, in altri, invece, in modo complementare, cioè miglioriamo la sopravvivenza e la prognosi anche di patologie importanti e croniche. In particolare, studi accreditati hanno dato risultati certi su alcune patologie, soprattutto di tipo funzionale, come le allergie, le malattie dermatologiche, sulla qualità di vita e sulle recidive delle malattie infiammatorie”.
Al congresso nazionale Fiamo, la federazione italiana associazioni e medici omeopati, è intervenuto anche Enzo Soresi, medico chirurgo specializzato in malattie polmonari e oncologia clinica, ex primario all’ospedale Niguarda di Milano, che sostiene ”la medicina scientifica non va intesa in maniera rigida perché la medicina è una scienza ‘in progress’ ed è per questo che sono sempre stato aperto ad una medicina integrata”.
In collaborazione con AdnKronos
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