“Onora tuo padre e tua madre” è molto di più di un sacro comandamento. Dovrebbe essere infatti elevato nella sua laicità. Perché chi uccide uno o entrambi i genitori si scontra con una morale fondata sul debito simbolico assunto da un individuo nei confronti di chi lo ha generato.
È successo ancora. Giampaolo Turrazza, 75 anni, e la moglie Vilma Vezzaro, 73 anni, sono stati uccisi a colpi di coltello nella loro abitazione nel quartiere Borgo Roma di Verona. Per il duplice omicidio, la polizia giudiziaria ha fermato già nella serata di ieri il figlio cinquantacinquenne della coppia. Quest’ultimo con importanti pregressi per droga.
Le indagini al momento sono ancora in corso e la Procura si è trincerata dietro un assordante riserbo. Ma quel che è risultato certo fin da subito, grazie anche alle testimonianze dei vicini, è che non poteva essersi trattato di un caso di omicidio suicidio. Intanto, nell’abitazione è stato disposto anche un sopralluogo da parte della scientifica per ricostruire l’esatta dinamica omicidiaria. Allo stato, sappiamo che Giampaolo Turrazza è stato accoltellato alla gola mentre era a letto. La moglie Vilma Vezzaro, invece, mentre si trovava nel corridoio.
Il duplice omicidio di Verona propone ancora l’annosa questione dei delitti in famiglia. Un’espressione, quest’ultima, che di per sé appare come un ossimoro. Quella famiglia che dovrebbe essere un porto sicuro di affetti si trasforma nella peggiore tra le scene del crimine. Un luogo dove l’aggressività, anziché scemare, conosce un’escalation inarrestabile. Fino a tradursi in un agito distruttivo.
Non c’è sempre una risposta univoca. L’unica certezza che si ha in questi casi è il deserto emotivo che li attraversa. Pagine di cronaca nera che nessuno vorrebbe scrivere. Eppure, da qualche anno a questa parte, sono diventate una dinamica sempre più ricorrente. Ma quali sono i meccanismi che scattano in circostanze delittuose come queste?
Anzitutto, è possibile affermare che la scelta di uccidere uno o entrambi i genitori è una scelta che matura progressivamente nella mente criminale. Dunque, difficilmente si tratta di un gesto figlio di un raptus o di un trascurato disagio psichiatrico. In altri termini, nessun episodio anche solo lontanamente riconducibile ad una fase critica temporanea. Soprattutto quando l’età anagrafica di chi uccide non può essere incasellata nella fase adolescenziale. Proprio come è accaduto a Verona.
Dietro la scelta di un figlio di uccidere uno o entrambi i genitori c’è infatti molto altro. Solitamente, un periodo di studio e premeditazione accurata. Un periodo che si esprime nel momento in cui la conflittualità all’interno delle mura domestiche esplode fino a diventare assassina. Risentimenti, liti, solitudini ed incomprensioni. Che, soprattutto quando ad uccidere non sono figli adolescenti, hanno a che fare con ragioni economiche o ereditarie. Ed infatti non sembra essere un caso il fermo del figlio dei coniugi Giampaolo Turrazza e Vilma Vezzaro. Un figlio che, stando a quanto emerso da alcune indiscrezioni, avrebbe avuto gravi problemi legati alla droga. Pertanto, si capisce agevolmente la ratio che spesso può celarsi dietro.
I genitori, infatti, diventano l’ostacolo da eliminare per il raggiungimento dei propri obiettivi ed il soddisfacimento dei propri bisogni. A maggior ragione quando questi bisogni sono consumistici ed hanno a che fare con ragioni di tipo economico. Ma non c’è soltanto questo. Troppo spesso c’è anche l’aridità emozionale che fa da cornice.
Come se bastasse la cancellazione fisica delle figure di riferimento a colmare il vuoto emotivo che li attraversa. Una circostanza che conduce direttamente ad un altro punto di contattato tra figli sanguinari. Ragazzi e ragazze con status sociali complessi. Si tratta di individui spesso disoccupati o con lavori precari. Figli che finiscono con il bramare una ricchezza senza sacrificio e percorrendo le strade più veloci. Strade che non contemplano in alcun modo la filosofia dello studio e quella del lavoro. Quindi, un futile quanto pregnante interesse economico capace di surclassare il legame con il sangue del loro stesso sangue. Il secondo punto di contatto tra questa tipologia di assassini, che poi è un corollario del primo, ha a che fare con la totale assenza di empatia di questi ultimi. Si tratta di soggetti con personalità disarmoniche e immature. In altri termini, donne e uomini inadatti a vestire i panni degli altri. Del tutto incapaci di sperimentare le emozioni altrui. In verità, non sono neppure in grado di comprendere i propri sentimenti ed i propri stati emozionali. E questo rende ancor più difficile comprendere quelli altrui.
Anche a Verona è andato in scena l’ultimo atto di rescissione con il nucleo familiare. Una netta rottura con il focolare, da dove tutto aveva avuto inizio.
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