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Filippo Roma de Le Iene condannato a pagare 53 mila euro per diffamazione

Un’inchiesta per il programma TV di Italia 1 è costata cara a Filippo Roma de Le Iene, condannato a pagare 1.000 euro di multa per diffamazione e un risarcimento complessivo di 52 mila euro da versare a Cairo Editore e ai direttori dei settimanali Nuovo (Riccardo Signoretti) e Diva e Donna (Angelo Ascoli). Nella sua inchiesta, andata in onda il 27 gennaio 2013, Roma sosteneva che le due riviste avessero pubblicato interviste inventate a vari personaggi famosi tra cui Gigi D’Alessio, Anna Tatangelo, Belen Rodriguez, Vanessa Incontrada, Antonella Clerici, Elenoire Casalegno e Monica Leofreddi, che a loro volta, infatti, avevano negato di aver mai rilasciato tali interviste. La Cairo Editore, però, ha risposto alle accuse presentando in Tribunale le registrazioni audio delle interviste e ha vinto la causa.

Come riporta l’Ansa, la ‘iena’ Filippo Roma, che si è visto per lo meno assolvere dal reato di sostituzione di persona (ipotizzato dall’accusa perché aveva contattato il direttore di Nuovo, Riccardo Signoretti, fingendosi un’altra persona), è stato dunque condannato a una multa di 1.000 euro per diffamazione (senza menzione) e a risarcire i danni alle parti civili nelle seguenti modalità: 30 mila euro a Signoretti, 10 mila euro ad Ascoli, 8 mila euro a Cairo Editore e 4 mila euro alla giornalista Antonella Silvestri (passata in seguito a Mondadori), per un totale di 53 mila euro.

Assolti, invece, tutti gli altri imputati: l’allora direttore di Italia 1, Luca Tiraboschi, e l’autore della trasmissione Davide Parenti, entrambi per non aver commesso il fatto, e i vip (da D’Alessio e la Tatangelo, fino a Eleonoire Casalengo e Vanessa Incontrada) chiamati in causa da Cairo in quanto si sarebbero prestati a rilasciare dichiarazioni utili a confezionare l’inchiesta di Roma, perché il fatto non costituisce reato. Entro 90 giorni il giudice depositerà le motivazioni della sentenza.

Ma quindi, in definitiva, Filippo Roma si sarebbe inventato un’indagine, con la complicità di alcuni personaggi celebri (che però sono usciti puliti dal processo), per screditare la concorrenza? Durante il dibattimento i difensori di Cairo Editore hanno ipotizzato proprio questo, e cioè che i servizi televisivi della ‘iena’ avessero come scopo ultimo proprio quello di attaccare un editore concorrente (Cairo, oltre che di varie riviste, è l’editore anche del canale televisivo La7) e non quello di produrre un’inchiesta su un tema ritenuto rilevante. Ma prima di giungere a tali (e gravi) conclusioni è opportuno aspettare e leggere le motivazioni della sentenza.

Raffaele Dambra

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