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Finanziamento pubblico ai partiti anche con bilanci taroccati

Una vera e propria sanatoria o, per dirla con Beppe Grillo, una “leggina truffa” che sblocca il finanziamento ai partiti anche senza bilanci puliti. Mercoledì infatti, l’Aula della Camera ha approvato con 319 sì (88 i no dei Cinque Stelle e 27 astensioni di SEL) il disegno di legge a firma di Sergio Boccadutri, PD ed ex tesoriere di SEL che deroga la certificazione dei bilanci per gli anni 2013-2014 anche ai partiti i cui bilanci non sono regolari. Tra i banchi di Montecitorio si è scatenata la protesta dei pentastellati che hanno lanciato finte banconote da 500 euro al grido di “Prendetevi anche queste”, quasi a ricordo dei lanci di monetine a Bettino Craxi in piena Tangentopoli.

Il finanziamento pubblico ai partiti torna così in primo piano nello scontro politico. Da una parte c’è un’ampia maggioranza che comprende anche Forza Italia (e vedremo perché) che si schiera a favore del provvedimento; dall’altra l’opposizione del M5S che vede una nuova fase della sua vita politica. Grillo è tornato a farsi vedere dalle parti di Montecitorio con una conferenza stampa in cui, accompagnato da Luigi Di Maio da lui definito “il leader”, ha presentato la proposta del reddito di cittadinanza, cavallo di battaglia del movimento. L’ex comico ha dichiarato senza mezzi termini che ora il M5S è pronto a governare il Paese e ha rilanciato l’idea di un reddito minimo per garantire ai giovani nuove opportunità senza essere “più ricattati dalle agenzie interinali che trattengono anche il 50% dello stipendio”.

Reddito di cittadinanza a parte, il tema della giornata è tutto dedicato al finanziamento pubblico ai partiti: aboliti con un referendum nel 1993 dopo gli scandali di Tangentopoli, con il governo Letta sono stati di nuovo cancellati anche nella nuova forma di “rimborsi”. Il processo è però graduale e sarà definitivo solo nel 2017, anno in cui tutto il finanziamento sarà in mano ai privati. Per rendere più trasparente il passaggio, la legge stabilisce che i partiti poteva accedere ai rimborsi solo dopo il via libera della Commissione di Garanzia, presieduta dal magistrato contabile Luciano Calamaro, che doveva controllare la correttezza dei bilanci. Doveva, perché la stessa Commissione a luglio ha dichiarato di non aver personale sufficiente per fare tutti i controlli e ha scritto alle Presidenze delle Camere di non poter erogare i fondi per gli anni 2013-2014.

Da qui l’urgenza di tutti i partiti di trovare un accordo, arrivato con il disegno di legge appena approvato: si deroga dall’obbligo di avere bilanci certificati per incassare quei rimborsi. In soccorso alla maggioranza è venuta anche Forza Italia: la legge infatti prevede anche la cassa integrazione retroattiva per gli ex dipendenti del PdL, sciolto nel novembre 2013 e che non avrebbe avuto diritto alla retroattività.

Più soldi dai privati cittadini

Con l’abolizione dei finanziamenti pubblici ai partiti, il governo Letta aveva aperto alle donazioni di privati cittadini che possono scegliere di dare il 2 x mille a movimenti e partiti politici. Se nel 2014 i contributi si erano fermati a 325mila euro, con il 2015 i cittadini si sono dimostrati molto generosi e hanno donato oltre 9 milioni di euro alle diverse formazioni politiche, con il PD che incassa 5,5 milioni di euro. Cifre enormi rispetto al disamore per la politica, ma che sono poca cosa rispetto al passato.

Anche i ricchi (partiti) piangono

Con l’abolizione di ogni forma di finanziamento pubblico, che sia diretto o rimborso, i partiti hanno perso moltissimi soldi. Solo nel 2013 la cifra totale era stata di 159 milioni di euro con il PD a quota 45,8, l’ex PdL a 38 e 42,7 per il MoVimento 5 Stelle. I pentastellati non li hanno mai ritirati, dichiarando di rinunciare a qualsiasi finanziamento pubblico: dalla maggioranza però ricordano che il movimento non avrebbe comunque le carte in regola per riscuoterli. “Non hanno depositato alcun documento relativo al bilancio, e non rispettano quanto previsto dalla legge: ad esempio non abbiamo alcuna notizia sui finanziamenti privati che il Movimento di Grillo riceve”, ricorda proprio Boccadutri. Polemiche a parte, il dato reale è che negli anni passati ogni partito ha ricevuto un mare di soldi pubblici.

Se nel 1994, a ridosso del referendum, è arrivato l’equivalente di 47 milioni a fronte di 36 milioni spesi, negli anni successivi le cifre sono aumentate a dismisura. Nel 2001 lo Stato ha versato nelle casse dei partiti 476 milioni di euro nonostante le spese certificate fossero 49 milioni; il record si è toccato nel 2008 con 503 milioni dati per “soli” 110 milioni spesi.

Lorena Cacace

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