La legge sul fine vita è ancora ferma in Senato, tuttavia il ministro Speranza sostiene che non può più essere rinviata, in particolare si riferisce al caso di Mario, dove la notizia delle spese a suo carico sta rimbalzando su ogni sito.
La burocrazia chiede all’uomo che vuole morire con suicidio assistito, il versamento di 5000 euro per l’acquisto del macchinario e del farmaco.
Il ministro Speranza si schiera dalla parte di Mario, il paziente marchigiano che si trova in stato irreversibile e ha chiesto di morire dignitosamente.
L’ospedale deve a acquistare un macchinario e un farmaco appositi per praticare l’iniezione ma per farlo, ha chiesto al paziente di sostenere il costo di 5000 euro.
‘È vergognoso’ tuona Speranza, sostenendo il diritto di Mario e di tutte le persone nelle sue condizioni, ad una morte consapevole e dignitosa.
L’ospedale non può praticare ostruzionismo dal momento che la Corte Costituzionale non punisce in alcun modo chi aiuta un malato in condizioni irreversibili a morire.
Speranza sottolinea inoltre la necessità urgente di una legge sul fine vita, non più rinviabile dal suo punto di vista perché l’argomento è davvero importante ed è compito dello Stato garantire questa opportunità a chi la sceglie.
La Corte Costituzionale si è espressa nel 2019 sul suicidio medicalmente assistito ed è compito del Governo mettere in atto quella sentenza e dunque garantire la morte a chi si rivolge a strutture pubbliche per questo servizio, ovviamente senza che le spese siano a suo carico.
Ma come mai la legge è ferma in Senato? Il primo ostacolo è sicuramente l’opposizione del mondo etico.
Mario è il primo italiano a richiedere il servizio di fine vita, ossia il suicidio assistito, presso l’Asl dove è degente in seguito ad un gravissimo incidente che, 12 anni fa, lo ha reso paralizzato al 100%.
L’uomo vive in una condizione di disagio fisico e mentale da tantissimo tempo e per questo, legalmente può richiedere di morire ed è quello che ha fatto.
Purtroppo la burocrazia gli è nemica e dovrà farsi carico del pagamento del macchinario e dei farmaci necessari per l’infusione fatale.
Oltre alla denuncia del ministro della Salute, si è fatta sentire anche la voce dell’Associazione Luca Coscioni, che sta raccogliendo fondi per il suicidio di Mario poiché dal momento che non c’è una legge, lo Stato non si fa carico dei costi di questo servizio e nemmeno l’Asl.
Per ora purtroppo, il diritto di andarsene è consentito ma manca la legalizzazione tramite una legge che appunto, è ferma in Senato e attende un’approvazione difficile da ottenere.
Mario dunque è un limbo e si appresta a dire addio ai suoi affetti, coloro che con amore lo hanno sempre sostenuto e continuano a farlo anche in questa sua scelta di liberazione, che esprime sorridendo dal letto di quell’ospedale che non verserà un centesimo per lui.
La storia di Mario è triste ma ancor più triste è che in suo aiuto non ci sia lo Stato e non ci siano i servizi sanitari, i soli a tendergli una mano sono i singoli cittadini, i volontari e le associazioni che in questi anni si sono battuti per la sua dignità e continuano a farlo anche ora.
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