Contare i concerti di Fiorella Mannoia nell’arco della sua intera carriera sarebbe impossibile, ma il Fiorella Live che l’artista dai capelli di fuoco sta portando in giro per l’Italia in questo periodo è decisamente tra i più belli di sempre; perché non è soltanto uno spettacolo, è molto di più: una storia, il racconto della sua vita, delle emozioni più toccanti.
(Chiara Giacobelli con Fiorella Mannoia)
“Questo tour era stato inizialmente pensato per festeggiare i miei 60 anni e doveva essere una sorta di romanzo in musica; poi è venuto talmente bene che non ci siamo fermati più, così siamo ancora qui a cantare e suonare nonostante sia passato più di un anno”.
La trama ha inizio all’età di 14 anni, quando si esibì per la prima volta con una canzone di Celentano. Ma il periodo che più la fece conoscere al grande pubblico furono gli anni Ottanta, con Sanremo, e in particolar modo grazie alla canzone “Come si cambia”.
“Per me quel brano rappresenta una netta divisione tra il prima e il dopo, perché – me lo ricordo benissimo – è stato il momento in cui ho preso coscienza della mia voce, di ciò che potevo fare con essa e delle sensazioni che riuscivo a trasmettere. Da allora ho sempre seguito l’istinto, la voce appunto: dove lei mi portava io andavo, e molte scelte sono state giuste, nonostante a volte un po’ azzardate”.
È il caso, ad esempio, degli anni Duemila, con la liberazione definitiva da quell’immagine di ragazza per bene, impostata e molto studiosa, che si era portata dietro fino ad allora, provocandole la definizione di “è quella delle pianelle” dalla sua amica Loredana Bertè.
“All’inizio del XXI secolo smisi i panni della suora laica e ironizzai con le musiche di Paolo Conte mostrando al pubblico un’immagine di me completamente diversa: un po’ libera, azzardata, con piedi nudi e un vestito rosso da gitana che sto indossando proprio ora e, come ben potete vedere, ancora mi sta!”
Gioca con il pubblico, Fiorella, così come ha sempre fatto con la musica; c’è una vena di artistica consapevolezza e al tempo stesso di spontaneo talento in lei che la fa amare appassionatamente da tutti. Il Teatro Europauditorium che la ospita nella tappa bolognese la applaude di continuo, le regala due mazzi di rose durante “Quello che le donne non dicono”, si permette persino di salire sul palco o di ballarci insieme quando è lei a scendere tra il pubblico, per farsi scattare fotografie, entrare in contatto con le persone, senza paura, senza nessuna aurea da diva.
I brani più commoventi in assoluto sono quelli che fanno partire due standing ovation del tutto spontanee: “In Viaggio” e “Sally”. La prima, spiega, rappresenta tutto ciò che una madre vorrebbe dire ad una figlia quando la vede partire per un lungo viaggio e non ha la possibilità di andare con lei.
“Io non sono mai stata mamma – confessa – ma credo che qualunque donna qui presente possa capire che non occorre vivere quell’esperienza in prima persona per sentire certe emozioni. Dopo aver collaborato con i più grandi artisti contemporanei, ho cominciato a scrivere canzoni mie abbastanza in là con gli anni, forse per il timore di non essere all’altezza. “In viaggio” è uscita direttamente dal mio cuore”.
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