[didascalia fornitore=”ansa”]Alberto Brambilla[/didascalia]
Chi paga le tasse in Italia? E’ un dato facilmente analizzabile in base ai dati resi noti dall’indagine conoscitiva ‘Dichiarazione dei redditi ai fini Irpef 2016 per importi, tipologia di contribuenti e territori e analisi Irap’, realizzata da Itinerari Previdenziali e sostenuta da Cida, la Confederazione dei manager e delle alte professionalità. In base alla ricerca possiamo affermare che il 45% dei contribuenti italiani paga il 2,82% di Irpef, mentre il 12% ne paga oltre il 57%.
L’indagine è stata presentata al Cnel da Alberto Brambilla, presidente del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, e da Giorgio Ambrogioni, presidente della Cida.
“Quella che emerge dalla quinta indagine sull’Irpef di Itinerari Previdenziali – ha detto Brambilla – è una fotografia da Paese rassegnato, e non certo del rango G7, che sta mettendo in particolar modo alla prova la cosiddetta classe media, spesso costretta a pagare più tasse per sopperire alla massa che non le paga”. “D’altra parte – ha continuato Brambilla – le dichiarazioni dei redditi ai fini Irpef presentate lo scorso anno sottolineano il perdurare di una situazione di criticità nell’impianto fiscale italiano, imputabili ad almeno due ragioni: la prima è da individuare nel sistema che, lungi dal far emergere i redditi, sembra piuttosto incentivare a dichiarare il meno possibile, così da poter usufruire delle agevolazioni fiscali e dei benefici collegati al reddito, che Stato, Regioni ed Enti locali erogano di fatto sulla base di quanto si dichiara, spesso tramite un Isee facilmente aggirabile, e in assenza di una banca dati nazionale dell’assistenza; la seconda, invece, nella somma di alte aliquote fiscali sui redditi con doppia progressività che, abbinate ad alte imposte indirette, in primis l’Iva, incentivano a pagare in modo irregolare”. “Se si vuole mantenere un welfare che possa garantire anche in futuro la coesione sociale e la copertura dei più deboli è fondamentale allora affiancare a un serrato controllo della spesa assistenziale anche un accorto monitoraggio delle entrate fiscali e segnatamente dell’Irpef. E, ancor di più, investire le poche risorse disponibili in ricerca, sviluppo e sostegno all’occupazione”, ha concluso.
Anche il presidente della Cida, Ambrogioni, ha commentato insieme a noi i dati, spiegando: “Su un piatto della bilancia c’è l’eccessiva pressione fiscale sui redditi medio-alti, l’evasione e l’elusione fiscale, il proliferare di detrazioni e agevolazioni fiscali; dall’altro, le difficoltà di reperire le risorse necessarie a mantenere gli attuali livelli di welfare: se non si interviene in modo tempestivo e organico, non si troveranno più le risorse necessarie a finanziare l’assistenza sociale, con gravi ripercussioni sulla qualità della vita”.
Cida è la Confederazione sindacale che rappresenta unitariamente a livello istituzionale dirigenti, quadri e alte professionalità del pubblico e del privato. Aderiscono: Federmanager (industria), Manageritalia (commercio e terziario), Fp-Cida (funzione pubblica), Cimo (sindacato dei medici), Sindirettivo (dirigenza Banca d’Italia), Fenda (agricoltura e ambiente), Fnsa (sceneggiatori e autori), Federazione 3° Settore Cida, Fidia (assicurazioni), Saur (Università e ricerca), Sindirettivo Consob (dirigenza Consob), Sumai Assoprof (Sindacato Medici ambulatoriali).
“I dati illustrati dimostrano come troppo pochi paghino le tasse; da un lato, è cresciuta l’area dell’esenzione e delle agevolazioni fiscali legate al reddito, spesso motivate da clientele e favoritismi elettorali, e dall’altro sono aumentate evasione ed elusione fiscale. E’ evidente che, stando così le cose, le risorse per il welfare ‘allargato’ sono sempre meno e finiscono con l’essere prelevate in misura crescente laddove è più facile reperirle”. “Ovvero nel lavoro dipendente e nelle pensioni in cui i redditi dichiarati sono certificati dal sostituto d’imposta. Un sistema ormai perverso, che non solo ‘incentiva’ a dichiarare il meno possibile per versare meno tasse e godere di una più vasta offerta di servizi sociali legati al reddito, ma che colpisce in modo progressivo, con l’attuale curva degli scaglioni, stipendi e pensioni medio-alte impoverendo il ceto medio e livellando verso il basso il tenore di vita”.
Il capo della Cida sottolinea che “A questo scenario vanno poi a sommarsi ulteriori provvedimenti ‘punitivi’, grossolanamente mascherati da interventi di equità. Mi riferisco alle cosiddette ‘pensioni d’oro’ sacrificate sull’altare della propaganda politica, che invece trascura il vero ‘tesoro’ costituito dai 130 mld di evasione fiscale, con un mancato gettito di oltre 30 mld l’anno”, “Di fatto – aggiunge – con l’attuale sistema, chi è in regola con il fisco finisce, inevitabilmente, con il sostenere finanziariamente il welfare di chi non versa come e quanto dovrebbe. E il combinato disposto dell’imposizione sui redditi da lavoro dipendente e da pensioni, con l’attuale sistema di aliquote e scaglioni, sommato alle sacche di elusione ed evasione, secondo la ricerca di Itinerari Previdenziali, fornisce un quadro insostenibile della fiscalità italiana. Il 12% dei contribuenti versa circa il 57% dell’Irpef complessiva, un 12% composto da contribuenti che dichiarano redditi dai 35mila ai 300mila euro annui”.
Il presidente Ambrogioni evidenzia: “Ma la rivendicazione di categoria che rappresentiamo è solo la cartina di tornasole di un sistema che non regge più e il cui malfunzionamento, dimostrato ancora una volta da Itinerari previdenziali, mina alla base lo Stato sociale che conosciamo e che l’Italia ha costruito un pezzo alla volta, dal Dopoguerra ai giorni nostri”. “Come è possibile, infatti, che i circa 300mila dirigenti (pubblici e privati) che rappresentiamo, e che percepiscono una retribuzione netta compresa tra i 3mila e i 5 mila euro al mese, siano la maggioranza dei contribuenti appartenenti alle classi di reddito più elevate, quando consultando i documenti dell’Aci, dell’Agenzia delle Entrate e del Registro navale si evince che: le autovetture di grossa cilindrata, cioè oltre i 2.500 cv, sono quasi 1,5 mln; almeno 1 mln italiani soggiorna ogni anno negli alberghi a 5 stelle e di lusso; le abitazioni di pregio (ville, villini) iscritte nei registri catastali superano i 2 milioni; nelle capitanerie di Porto risultano iscritte 80mila imbarcazioni di almeno 10 metri di lunghezza”. “E l’elenco potrebbe continuare se ci soffermassimo sul divario fra gli indici del tenore di vita ed i dati del fisco”, ha concluso Ambrogioni.
In collaborazione con AdnKronos
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