La Flat tax indicata da Salvini è un termine che stiamo sentendo spesso. La campagna elettorale, verso il voto del 25 Settembre, entra sempre più nel quotidiano e con lei i programmi dei vari partiti. Ma quanto costa e cosa è la proposta della Lega.
Il termine Flat tax, innanzitutto, tradotto come tassa piatta, potrebbe essere spiegato come una tassa forfettaria. Si tratta, infatti, di un sistema fiscale proporzionale basato su una aliquota fissa.
Per questo si parla di Flat tax al 15%, sarebbe questa percentuale, infatti, l’aliquota fissa da prendere in considerazione nel caso della proposta di Salvini.
Oggi le tasse in Italia hanno un andamento progressivo. Ciò significa che vengono calcolate in base ai propri introiti: chi guadagna di più paga tasse maggiori.
Questo principio è sancito anche dall’articolo 53 della nostra Costituzione: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”.
Già questo rende la fattibilità di questa proposta alquanto complicata, il leader della Lega, però, afferma che in cinque anni sarà possibile attuare questo sistema anche nel nostro Paese.
L’introduzione della aliquota fissa verrebbe, tra l’altro, giustificata dai suoi propositori, anche Forza Italia ha sempre parlato di Flat tax seppur con aliquota diversa, come il principio del pagare meno per far pagare tutti.
L’intenzione, però, è quella di estenderla ai lavoratori dipendenti. La tassa piatta oggi, infatti, è già in vigore per Partita Iva con redditi fino a 65 mila euro annui.
Trattandosi di lavoratori dipendenti già questa affermazione sembra fuori luogo, riguarda, cioè, dipendenti le cui tasse vengono già trattenute in busta paga.
Essendo in Italia 18 milioni i lavoratori dipendenti, portando l’aliquota al 15% viene quantificata in 50 miliardi di euro il costo di tale proposta. Questo secondo uno studio del 2018 fatto proprio da Armando Siri responsabile economico della Lega di allora.
Oggi questo dato andrebbe ricalcolato e, secondo alcuni economisti, la portata sarebbe di 80 miliardi di euro.
Il sistema attuale prevede 4 aliquote dal 23% al 43%. E’ facile, dunque, intuire anche da una lettura superficiale che con una sola aliquota al 15% a trarre maggiori benefici, oggi, sarebbe chi guadagna di più.
Dall’approfondimento, infatti, di alcuni documenti di studio fatti anche da sindacati si capisce come un dipendente con un reddito di 11 mila euro lordi l’anno andrebbe a pagare il 200% di tasse in più circa 1.819 euro. Le tasse aumenterebbero per i redditi fino a 27 mila euro l’anno.
I primi a risparmiare sarebbero i redditi pari a 30 mila euro l’anno mentre benefici maggiori e significativi si verificherebbero per redditi superiori ai 50 mila euro l’anno.
Molti anche gli economisti che si sono espressi a riguardo. Secondo Tito Boeri, economista della Bocconi, si tratta di una proposta dai costi altissimi e per questo insostenibile.
Parla, invece, di un un sistema di tassazione che andrebbe a ridistribuire meno di quello attuale, Carlo Cottarelli. Giovanni Tria, ex ministro dell’Economia nel governo Conte, la definisce pura propaganda.
Il dato di fatto è che per passare dalla teoria alla pratica occorrono dai 50 agli 80 miliardi di euro. Recuperati attraverso una minore evasione che, però, resta un auspicio o attraverso maggiori altre imposte e minori spese che al momento non vengono specificate.
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