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È di 17 morti e 15 di feriti, tra cui alcuni gravi, il bilancio finale della sparatoria avvenuta nel liceo di Parkland, in Florida. L’autore della strage è un ex studente, Nikolas Cruz, 19 anni, definito “problematico” ed espulso dall’istituto: secondo gli inquirenti potrebbe essere questa la causa scatenante della sua furia, ma le indagini sono ancora in corso. Tutto è iniziato intorno alle 14e30 ora locale, le 20e30 italiane di mercoledì 14 febbraio, quando il giovane si è recato al liceo Marjory Stoneman Douglas High School di Parkland, a circa una settantina di km a nord di Miami e ha iniziato a sparare contro gli studenti, uccidendo almeno 12 tra i banchi di scuola e continuando a sparare all’esterno del campus, fino a raggiungerli per strada. La Polizia lo ha arrestato a circa tre km dalla scuola: dopo una breve fuga, Cruz si è consegnato senza opporre resistenza.
La sparatoria del liceo di Parkland è la 19esima registrata negli USA da inizio 2018, con le scuole nel mirino di pazzi spesso armati con armi semiautomatiche. Anche in questo caso, secondo quanto riferito dai testimoni, il 19enne aveva con sé un fucile semiautomatico Ar-15, lo stesso usato nella strage di Orlando, indossava una maschera antigas, aveva molte munizioni e fumogeni con cui avrebbe cercato di stanare i compagni di liceo.
[didascalia fornitore=”ansa”]Studenti escono con le mani in alto dal liceo di Parkland, in Florida[/didascalia]
Le vittime sono per lo più studenti ma le autorità hanno chiarito che finché non saranno tutte riconosciute non ci sarà una lista dei nomi.
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Tra i morti, secondo diverse testimonianze raccolte sui social, ci sarebbe anche uno degli allenatori della squadra di football, Aaron Feis, “un eroe”, come in tanti lo hanno definito: l’uomo avrebbe fatto scudo con il suo corpo ad alcuni studenti presi di mira dal killer.
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Sui social sono stati gli stessi studenti a raccontare il terrore vissuto in quegli istanti, con Cruz che faceva fuoco e la Polizia che ordinava a tutti di barricarsi nelle Aule.
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Secondo quanto riporta il Miami Herald da fonti di polizia, Cruz avrebbe azionato l’allarme anti incendio, avrebbe lanciato fumogeni tra i corridoio e, indossando la maschera anti gas, avrebbe iniziato a sparare all’impazzata, colpendo tutti coloro che si trovavano lungo il suo passaggio.
Dodici le vittime all’interno del campus, due all’esterno e un altro raggiunto dai proiettili lungo la Pine Island Road mentre tentava la fuga: altri due sono morti in ospedale e molti feriti hanno dovuto subire interventi chirurgici.
Secondo molti studenti, sentiti dalla Polizia, Cruz era molto problematico e aveva una vera ossessione per le armi, come emerge dai suoi profili social e spesso inneggiava contro i musulmani.
“È un giorno che preghi di non dover mai vedere”, ha commentato il sovrintendente Robert Runcie, chiarendo che c’erano stati segnali di allarme ma che non avevano ricevuto “alcun avvertimento, telefonate o minacce” di recente.
Intanto, riesplode la polemica sulle armi e sul potere della lobby negli USA. Il presidente Donald Trump da Twitter ha fatto le condoglianze alle famiglie delle vittime. “Nessun bambino, insegnante o chiunque altro dovrebbe sentirsi insicuro in una scuola americana”, si legge nel suo tweet.
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Secondo le associazioni che si battono per il controllo delle armi, l’ultimo bilancio dell’amministrazione Trump ha tagliato milioni di dollari destinati al sistema di controllo delle armi da fuoco, il Gun Background Check System.
Dai dati del Gun Violence Archive emerge tutta la gravità del fenomeno: con il 2018 si sono già raggiunte un totale di 1.826 vittime di cui 69 sotto gli 11 anni e 333 adolescenti: 30 le vittime dei mass shooting, le sparatorie di massa, in meno di due mesi.
Il Washington Post ha dedicato un grafico alle vittime di sparatorie e delle armi da fuoco, elencandone tutti i nomi e ponendo particolare attenzione alle armi usate nelle stragi, quasi sempre semiautomatiche come i fucili AR-15 o versioni dell’M16, usate dai killer di Newtown, Orlando, San Bernardino e Las Vegas.