Dopo gli arresti domiciliari disposti dal gip nell’ambito dell’inchiesta sul capannone di Cormano acquistato dalla Lombardia Film Commission, si allarga a macchia d’olio l’indagine sui presunti fondi destinati alla Lega.
Nuovi risvolti, infatti, emergono dalle testimonianze raccolte dai pm, in particolare quella del presunto prestanome, Luca Sostegni, secondo cui il partito avrebbe temuto l’inchiesta sui rimborsi elettorali (quella relativa ai 49 milioni) e che, per timore del sequestro, avrebbe pensato a “vendere la sede di Via Bellerio”.
Le testimonianze sono state raccolte in un fascicolo d’indagine trasmesso al gip, il quale aveva disposto a luglio i domiciliari per Luca Sostegni e nei giorni scorsi la stessa misura cautelare per Alberto Di Rubba, Andrea Manzoni e Michele Scilleri, i tre commercialisti considerati vicini alla Lega, e per Fabio Giuseppe Barbarossa.
Dagli atti depositati dopo gli arresti, alla vigilia degli interrogatori di garanzia, si rileva che gli indagati per il reato di peculato sono nove. Oltre a Di Rubba, Manzoni, Scilleri e Barbarossa, ci sono anche Francesco Barachetti, Pierino Maffeis, Elio Foiadelli e Vanessa Servalli, amministratori e imprenditori riconducibili ai professionisti attualmente ai domiciliari.
Fermato il 15 luglio scorso, Sostegni ha confermato come tra le operazioni di compravendita ci fosse anche quella della sede della Lega: “Ricordo che c’era fretta di concludere l’operazione perché, trattandosi di un immobile di proprietà della Lega Nord, si correva il rischio del sequestro dalla Procura di Genova, in relazione alle indagini per la truffa sui rimborsi elettorali“.
Il presunto prestanome ha raccontato che una mattina era andato con Scillieri a fare un sopralluogo e che Di Rubba era andato a prenderli. L’intenzione era quella “di vendere ad un ipermercato“, con una parte che “poteva ospitare degli appartamenti“. “Quando la Procura di Genova ha disposto il sequestro non se n’è fatto più nulla”, ha aggiunto Sostegni.
Negli atti risultano anche le dichiarazioni spontanee di Andrea Manzoni ai pm. Il commercialista ha anche parlato dei 49 milioni: “Personalmente reputo che non vi siano mai stati 49 milioni quali disponibilità liquide sui conti della Lega nel periodo di mia competenza – ha raccontato -, in quanto occorre distinguere fra i conti di disponibilità dell’associazione federale e i conti in disponibilità delle articolazioni locali che anche prima del 2015 di fatto avevano conti correnti sui quali aveva firma solo il delegato locale”.
Chi si dichiara tranquillo è proprio il leader della Lega Matteo Salvini, secondo cui l’effetto dell’inchiesta sarà “pari a zero” e ribadendo una posizione già espressa più volte dopo la notizia dei domiciliari per i tra commercialisti considerati vicini al suo partito.
“Sono anni che cercano soldi dove non ci sono soldi – ha detto a margine di un comizio ad Ascoli Piceno -. Li cercano in Svizzera, Panama, Lussemburgo. I soldi alla Lega li danno i cittadini con il 2 per mille, gli imprenditori che ci aiutano, gli eletti. Sono tranquillo”.
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