Formaggi di latte in polvere made in UE: l’Italia non ci sta

La UE il 28 maggio scorso ha chiesto all’Italia di cambiare la legge 138 del 1974, che vieta di produrre latte o formaggi utilizzando anche solo in parte latte in polvere, in quanto questa violerebbe la libera circolazione delle merci. Da qui si è scatenata la polemica e Coldiretti nei giorni scorsi ha organizzato un sit-in di protesta davanti a Montecitorio, spiegando quali potrebbero essere le conseguenze di tale scelta: chiusura delle stalle, perdita di posti di lavoro, omologazione e appiattimento qualitativo della produzione nazionale.

Il settore agroalimentare italiano rischia di rimetterci sotto più fronti. Online è stata redatta una petizione contro l’utilizzo del latte in polvere per la produzione casearia, definito un “prodotto morto”. In realtà la situazione non è così drammatica, infatti come spiega Andrea Galli, direttore del Centro di ricerca per le produzioni foraggere e lattiero-casearie del Crea, non esiste il formaggio senza latte: “Quello in polvere e altri derivati anidri vengono utilizzati all’estero, a livello industriale, per produrre formaggi molli e in percentuali molto basse in rapporto al latte fresco”.

Secondo Galli si potrebbe produrre un formaggio utilizzando solo polvere di latte ma non avrebbe senso farlo, perché bisognerebbe ripensare il processo produttivo, insomma non ci sarebbe un guadagno sostanziale. L’Unione Europea non può obbligare nessuno ad impiegare latte in polvere per la produzione casearia e di certo non intende farlo, quindi chi vorrà continuare ad usare solo latte fresco potrà farlo liberamente.

Dall’altro lato della medaglia c’è la consapevolezza che da anni stiamo consumando formaggi e yogurt prodotti all’estero e quindi in parte con latte in polvere senza nemmeno saperlo, dato che non è obbligatorio indicarlo sull’etichetta. Non ci allarmiamo più del dovuto: i formaggi a marchio Dop, Igp e Stg (come la mozzarella di bufala, Parmigiano Reggiano, Grana Padano, ecc.) continueranno in ogni caso ad essere prodotti con latte fresco, anche se l’Italia dovesse adeguarsi alle richieste dell’UE, soprattutto perché chi lavora sotto questi marchi se ignorasse il disciplinare compierebbe una frode in commercio.

I “vantaggi” del latte in polvere

Marco Silano, direttore del reparto alimentazione e nutrizione dell’Istituto superiore di sanità, spiega che il latte in polvere è semplicemente latte disidratato e non comporta rischi alimentari ma si può conservare più a lungo. Dal punto di vista nutrizionale, il processo di disidratazione potrebbe modificare la struttura di proteine e vitamine, quindi risultare meno nutriente, ma è quello che succede anche con il latte Uht, che sottoposto a temperature elevate rispetto al pastorizzato si impoverisce di proteine e minerali.

L’altro aspetto positivo in termini produttivi del latte in polvere, oltre alla conservazione, è la possibilità di diluirlo in più o meno acqua, andando a lavorare sulla cremosità di formaggi e latticini e sulle quantità di proteine e grassi. “Nei processi industriali è importante che il latte utilizzato per fare il formaggio sia il più possibile uniforme – spiega Silano – e la polvere di latte viene aggiunta proprio per standardizzarne le caratteristiche chimiche, soprattutto il rapporto grasso/proteine, con conseguente maggiore costanza dei processi tecnologici e delle rese di caseificazione”.

L’Italia dice “no grazie”

Il Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina non ci sta, difenderà a spada tratta la qualità della produzione casearia italiana e intende ribadire alla Commissione Europea la necessità di etichette più “chiare” sui prodotti a base di latte. Dello stesso avviso anche Michele Bordo, presidente della commissione Politiche Europee alla Camera, che parla di opporsi ad “eventuali iniziative di adeguamento dell’ordinamento nazionale alle contestazioni mosse dall’Europa all’Italia”.

La richiesta dell’UE all’Italia ha mosso un polverone, tanto che si è mobilitata persino la comunità scientifica: il Crea-Flc ha presentato un progetto di ricerca con l’intento di studiare le differenze fra formaggi molli fatti esclusivamente con latte fresco e quelli prodotti utilizzando anche latte in polvere, a livello nutrizionale, di percezione e di gusto.

Staremo a vedere come si evolverà la situazione nei prossimi giorni, anche se una certezza l’abbiamo: quando si parla di produzione alimentare, l’Italia è sempre coesa e difficilmente cede.

foto flickr.com

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