Foto di Mussolini, la Germania non premia i poliziotti che uccisero il terrorista della strage di Berlino

Merkel e Hollande insieme a Berlino ricordano attentato mercato natale

Niente medaglia ai poliziotti italiani che uccisero Anis Amri perché troppo fascisti. Secondo quanto riportato dalla Bild, la Germania avrebbe deciso di non premiare Cristian Movio e Luca Scatà per le foto di Mussolini e i riferimenti al nazi-fascismo pubblicati sulle loro pagine social. Gli “eroi” di Sesto San Giovanni, trasferiti e protetti dopo le polemiche scoppiate a seguito di quanto scoperto sui loro profili Facebook e Instagram. I due agenti fermarono e uccisero nel corso di un controllo lo scorso 23 dicembre il terrorista autore dello strage di Berlino, togliendo alle autorità tedesche una grandissima responsabilità e mettendo a tacere le polemiche sui mancati controlli e sugli errori dell’anti terrorismo. Tutto questo però non conta nulla di fronte all’apologia di fascismo di cui hanno dato prova i due agenti: per loro dunque non ci sarà alcun riconoscimento.

Non importa che i due poliziotti abbiano fermato il killer di Berlino, che si schiantò contro un mercatino di Natale nella capitale tedesca causando la morte di 12 persone, tra cui l’italiana Fabrizia Di Lorenzo, e ferendone altre 55: per le autorità tedesche le foto pubblicate sui loro profili social sono troppo e di sicuro non valgono una medaglia, anche se hanno fermato l’uomo più ricercato in Germania.

ECCO CHI SONO I DUE AGENTI CHE UCCISERO IL TERRORISTA DELLA STRAGE DI BERLINO

I due agenti furono al centro di enormi polemiche, tanto che la Polizia arrivò a oscurare i loro profili: in molti si chiedevano se davvero era necessario rivelare i loro nomi, decisione presa dallo stesso ministro dell’Interno Marco Minniti, appena salito al Viminale dopo l’insediamento del governo Gentiloni.

Viminale, conferenza stampa sull'uccisione di Anis Amri, il terrorista di Berlino.


La conferenza stampa sull’uccisione di Anis Amri

La scelta allora scatenò un mare di polemiche perché tutti, a partire dalla stampa, andarono sui loro profili, trovando immagini ispirate all’ala più estrema della destra. Scatà, 29 anni, l’agente che ha sparato ad Amri, su Istagram aveva pubblicato una foto in cui fa il saluto romano e altre immagini in cui definiva Mussolini “tradito” e i traditori “infami”. L’agente arrivò a scrivere di non festeggiare il 25 aprile perché era “dalla parte di quella Italia, di quegli italiani, che non tradirono e non si arresero”.

Movio, 36 anni, ferito durante la sparatoria, pubblicava su Facebook post di noti siti razzisti, anche inneggianti al Terzo Reich: in una foto mostra una lattina di Coca-Cola personalizzata con la scritta Adolf, nome tra i più odiati in Germania.

Tutto questo è bastato perché Berlino non concedesse alcuna medaglia agli agenti, nonostante la stessa Angela Merkel si fosse allora complimentata con loro.

Per la Germania il ritorno di ideologie neonaziste e neofasciste è un problema enorme. Il paese ha dovuto fare i conti con gli orrori del nazismo ma ha permesso al partito neonazista di continuare ad esistere e non ha creato il reato di apologia del nazismo, come invece ha fatto l’Italia.

La Corte Suprema ha di recente vietato la messa al bando del partito neonazista NPD: il Bundesrat, cioè il Senato Federale, ne aveva chiesto la messa al bando già nel 2013, ma a gennaio 2017 i giudici hanno stabilito che, pur avendo “obiettivi contrari alla costituzione”, non ci sono “indizi di peso che lascino sembrare possibile che la sua azione possa avere successo”.

A questo si aggiunge la crescita di Alternative fur Deutschland, partito della destra xenofoba anti immigranti di Frauke Petry, che sta crescendo nei sondaggi e che è frenato, al momento, solo dalla candidatura del socialdemocratico Martin Schultz. Da qui la scelta di non premiare i due poliziotti italiani: non c’è terrorismo che tenga di fronte a chi inneggia al periodo più oscuro della storia tedesca (e anche italiana).

La scelta sta scatenando il web, diviso tra chi appoggia la scelta di Berlino e chi no. L’amara conclusione della vicenda è che, alla fine, a sbagliare sono state le autorità italiane che hanno svelato i nomi dei poliziotti senza riflettere sulle conseguenze.

Impostazioni privacy