Sul sito Stop alle fratture è disponibile il nuovo test online amico dell’osso, per scoprire la densità dello scheletro. Si tratta di uno strumento con il quale è possibile svolgere una sorta di ‘autodiagnosi‘ sulla condizione delle proprie ossa. Rispondendo a poche domande, con il test si può scoprire se nei 10 anni successivi la probabilità di fratture è bassa, media, alta o molto alta. Si tratta di un nuovo test, l’autovalutazione è stata aggiornata e rivista alla luce della nuova Nota 79 dell’Aifa (Agenzia italiana del farmaco), che stabilisce i criteri di appropriatezza dei trattamenti contro l’osteoporosi in base al rapporto costi-benefici, tenendo conto di fattori di rischio aggiuntivi, come fratture pregresse in ogni sede, terapie farmacologiche anche diverse dal cortisone (anticancro contro tumori di seno e prostata) e malattie concomitanti non solo reumatiche (diabete, patologie infettive, respiratorie, neurologiche, infiammatorie intestinali croniche, disabilità).
Lo slogan della Giornata mondiale dell’osteoporosi 2017 promossa dall’International Osteoporosis Foundation-Iof, che si è tenuta il 20 ottobre, è stato “Love your bones, protect your future”. Ama le tue ossa, proteggi il tuo futuro. La malattia è molto diffusa, solo in Italia colpisce 4 milioni di donne e almeno 1 milione di uomini. Provoca fratture soprattutto alle vertebre, polsi e femori. Aumento della mortalità e disabilità sono il tributo più alto che si paga alla fragilità ossea, il volto più insidioso dell’osteoporosi, sul quale punta i riflettori la campagna ‘Stop alle fratture‘. Varata nel 2011 con il supporto non condizionante di Eli Lilly, quest’anno propone il nuovo DeFra79 test online che con un ‘clic’ permette a tutti di misurare il proprio rischio.
“Informazione corretta, tempestiva ed efficace” è la parola d’ordine di questa campagna che si rivolge in particolare agli ‘over 50’ sotto l’egida di Siommms (Società italiana dell’osteoporosi, del metabolismo minerale e delle malattie dello scheletro), Siot (Società italiana di ortopedia e traumatologia), Sir (Società italiana di reumatologia), Ortomed (Società italiana di ortopedia e medicina), Gisoos (Gruppo italiano di studio in ortopedia dell’osteoporosi severa) e Gism (Gruppo italiano di studio delle malattie del metabolismo osseo). Oltre al portale, l’iniziativa è anche su Facebook, con una fan base di oltre 25mila utenti.
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“L’osteoporosi nella sua forma severa, chiamata fragilità ossea, è una patologia dalle conseguenze anche molto gravi – sottolinea Claudio Marcocci, presidente Siommms e direttore dell’Unità operativa di endocrinologia II dell’azienda ospedaliero-universitaria di Pisa – Di positivo c’è che abbiamo diversi strumenti a nostra disposizione per combatterla, attraverso una diagnosi tempestiva e un trattamento adeguato. E’ necessario tuttavia che specialista e paziente abbiano una cultura maggiore rispetto all’importanza di questi aspetti. Lo specialista garantendo che venga messo in atto un corretto Percorso diagnostico terapeutico assistenziale (Pdta), la paziente impegnandosi sia ad aderire alla terapia prescritta sia a seguire uno stile di vita adeguato alla propria condizione”.
Le fratture più gravi da fragilità ossea sono quelle a femore e anca (in Italia se ne stimano 250mila all’anno, di cui 90mila di femore), ma sovente l”effetto domino’ parte da una frattura vertebrale: il 20% ne riporta una seconda entro un anno, mentre il rischio di ‘crack’ femorale raddoppia. “Le fratture di vertebra sono sicuramente le più frequenti, ma anche le meno diagnosticate – evidenzia Andrea Giustina, presidente della European Society of Endocrinology e professore ordinario di endocrinologia e metabolismo all’università Vita-Salute San Raffaele di Milano – Circa la metà non vengono riconosciute e il paziente non sa di averle: il suo mal di schiena viene etichettato come ‘banale’. Un’altra frattura frequente è quella di polso, che però incredibilmente ancora oggi non viene considerata una conseguenza diretta dell’osteoporosi”.
Da qui la necessità di insistere su un concetto solo apparentemente scontato: “L’osteoporosi è una malattia ed è molto importante ribadirlo – avverte lo specialista – perché non tutti ne sono convinti. Siccome l’osteoporosi è spesso associata alla menopausa, che è uno stato parafisiologico” cioè in sé ‘non patologico’, si pensa che “di conseguenza l’osteoporosi lo sia altrettanto. Assolutamente no”, afferma Giustina. “L’osteoporosi, quando c’è, è una malattia perché pone il soggetto a rischio di fratturarsi” e poi di rifratturarsi ancora, in un circolo vizioso che solo diagnosi e cure possono spezzare.
Secondo gli esperti, “nelle donne le fratture da osteoporosi sono più comuni dell’infarto, dell’icuts e del cancro al seno valutati globalmente”. Mentre “negli uomini, dai 50 anni in su il rischio di frattura da fragilità ossea è superiore a quello del cancro alla prostata”. Considerando l’intera popolazione italiana over 50, si calcola che “il 50% delle donne e il 30% degli uomini andrà incontro a una frattura da fragilità”. Per gestire questa condizione, i costi diretti e indiretti nel nostro Paese ammontano a “circa 7 miliardi di euro all’anno”. A far lievitare la spesa, contribuisce il fatto che “troppo spesso la malattia viene diagnosticata solo dopo una frattura di femore. Anche in questo caso, appena il 15% riceve una terapia farmacologica che fra l’altro dopo un anno ha abbandonato un paziente su 2, pur con una possibilità da 2 a 5 volte maggiore di rifratturarsi”.
Un’informazione corretta e completa migliora anche l’aderenza alle cure: “Studi internazionali recenti – osserva Maurizio Rossini, direttore della Scuola di specializzazione in reumatologia dell’università di Verona e dell’Unità operativa complessa di reumatologia dell’azienda ospedaliera universitaria integrata della città veneta – hanno dimostrato che, se il paziente non ha una corretta percezione del proprio rischio di frattura, l’avvio della terapia e la compliance sono compromesse, aumentando il pericolo di incorrere in un evento infausto” qual è spesso una frattura.
In definitiva, il messaggio da non dimenticare è: non è mai troppo tardi per amare le proprie ossa e per proteggere il proprio futuro. “Dopo i 50 anni, soprattutto se una donna ha una storia familiare di fratture da fragilità che abbiano interessato la madre piuttosto che le sorelle – raccomanda Giuseppina Resmini, responsabile del Centro per lo studio dell’osteoporosi e delle malattie metaboliche dell’osso dell’ospedale di Treviglio-Caravaggio (Bergamo) – è assolutamente indicato sottoporla a una Moc che valuti la densità minerale ossea del suo scheletro”. Occorre quindi consultare uno specialista per l’osteoporosi così da ottenere una diagnosi accurata e una terapia adeguata per ridurre il rischio fratturativo futuro. Un altro “esame gold standard per una diagnosi reale dello stato fratturativo del paziente è la morfometria vertebrale”, aggiunge Giustina, che infine lancia un messaggio ai colleghi: “Quando la paziente entra in ambulatorio, antenne dritte sui fattori di rischio per l’osteoporosi” quali familiarità, sottopeso, dieta povera di calcio, uso prolungato di cortisone, quindi “adeguata diagnosi e utilizzo appropriato delle terapie”.
In collaborazione con AdnKronos
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