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Franco Roberti è Procuratore Nazionale Antimafia dall’estate del 2013 e in questo tempo ha più volte denunciato come la criminalità organizzata continui a esistere grazie ai rapporti che intrattiene con la finanza lecita. «Se non ci fossero questi rapporti, – disse in una nostra precedente video-intervista – non ci sarebbe più criminalità mafiosa in Italia, perché sono esattamente questi rapporti che permettono a bande di malavitosi di riciclare i loro proventi, offrire i loro servizi e quindi strutturarsi e potenziarsi». Purtroppo la grave crisi economica che deve affrontare il nostro paese sembra aver aggravato la situazione e infatti, in una nuova video-intervista, il Procuratore Nazionale Antimafia avverte: «La sfida che abbiamo davanti è quella di rendere immune il mercato dell’economia legale dalle infiltrazioni criminali attraverso il finanziamento criminale dell’impresa legale».
«Le difficoltà di accesso al credito legale delle imprese – spiega infatti Franco Roberti – fanno sì che molti imprenditori, per sopravvivere e per restare sul mercato, ritengano di doversi rivolgere alle organizzazioni camorristiche». E quindi secondo il Procuratore Nazionale Antimafia «l’obiettivo primario da parte di qualunque governo deve essere creare occasioni di lavoro per i giovani e di sviluppo per le imprese, perché questo è il modo migliore per contrastare la criminalità mafiosa».
«La disoccupazione – prosegue – non fa che agevolare le organizzazioni camorristiche perché è chiaro che le organizzazioni camorristiche sfruttano le situazioni di disagio sociale e di disuguaglianza sociale, facendo affari con i forti, senza scrupoli e disonesti e reclutando nelle fila di disperati, disoccupati, giovani senza lavoro e senza speranza e i rassegnati».
E alla domanda se la riduzione delle tutele per i lavoratori può agevolare la criminalità organizzata, il Procuratore Nazionale Antimafia risponde: «Certamente la riduzione e l’abbassamento dei diritti dei lavoratori può entrare in queste dinamiche perverse dei rapporti fra impresa legale e crimine organizzato, ma naturalmente bisogna vedere con il tempo come e se sarà formulata la riforma normativa in materia di dipendenti nel rapporto di lavoro».
«Quello che è importante – secondo il numero uno dell’antimafia in Italia – è assicurare le condizioni per lo sviluppo delle imprese, l’investimento nell’innovazione, la libera concorrenza, la trasparenza e la sburocratizzazione delle procedure, perché la corruzione si annida proprio nell’iperburocratizzazione delle procedure, nella moltiplicazione inutile dei centri decisionali, nella possibilità di subire influenze esterne da parte delle pubbliche amministrazioni che decidono l’affidamento dei lavori».
Il problema, però, è che oramai «siamo di fronte a un fenomeno di criminalità organizzata transnazionale, in cui certamente i gruppi criminali italiani fanno una parte ancora da protagonista ma non sono i soli e quindi è necessario che ci sia uno sforzo da parte di tutti i Paesi interessati a questo fenomeno, attraverso meccanismi di cooperazione internazionale per contrastarlo sempre più efficacemente».
«La convenzione delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato, che fu firmata a Palermo nel dicembre 2000 e che conteneva tutti i principi e tutti gli strumenti necessari per contrastare la criminalità transnazionale, – conclude Franco Roberti – non è ancora pienamente attuata negli ordinamenti interni».
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